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Anno giubilare cammino di umanizzazione


«Ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre» papa Francesco. E i tempi che viviamo sono questi “momenti”: la violenza e l’odio religioso e razziale, le tante guerre sparse nel mondo e che alimentano le grandi folle di immigrati, la crisi economica causata dal cinismo del potere finanziario che mette in ginocchio Stati, imprese e famiglie rubando il futuro ai giovani e ancora le crisi esistenziali e affettive di molte famiglie, i tanti matrimoni falliti, la fatica di ricostruirsi una famiglia. Né è da sottovalutare quella cultura dell’egoismo (prima noi e poi gli altri), dell’arroganza a volte violenta che pervade i nostri ambienti: quel “dover essere cattivi” che domina lo sport, il nostro modo di guardare l’altro, le relazioni familiari, amicali e affettive. Tutto questo – va detto con chiarezza e onestà ma senza sminuire il bene che facciamo – trova spazio anche nelle comunità ecclesiali, dove sovente si ha paura del vero dialogo e confronto e si preferisce alimentare il pettegolezzo da cortile; dove alla corresponsabilità, si preferisce la delega ad un solo e da qui quell’arroganza, quel “culto di sé”, quella mentalità padronale ostacolo al camminare insieme nel Signore (sinodalità) come comunità. L’Anno Giubilare è occasione propizia per compiere un vero cammino di umanizzazione nel segno della misericordia, in obbedienza alla parola di Gesù: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36); «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7). “Misericordioso” è il primo Nome (il “nome” è l’identità di una persona) che Dio rivela di sé nella storia della salvezza: «Il Signore Dio misericordioso e compassionevole, lento all’ira e grande nell’amore e nella fedeltà» (Es 34,6). “Misericordia” qualifica l’agire di Dio nella nostra storia, il suo modo di relazionarsi con gli umani: egli manifesta il suo volto paterno e materno, chinandosi sulla nostra storia e spalancando il suo “grembo”, per accogliere le sue creature, con tutti i loro drammi e fallimenti, al fine di rigenerarli di nuovo, ridando loro una nuova possibilità di riscatto. È questa la tenerezza di Dio: amare per ridare dignità. Per questo Gesù narra le parabole della misericordia (Lc 15) e del buon samaritano (Lc 10, 29-37), dove, da una parte, contempliamo la grande paternità/maternità di Dio che accoglie il perduto, e dall’altra,veniamo educati a stare accanto all’altro, spogliandoci della nostra autoreferenzialità e apatia, e rivestendoci dei sentimenti di sim-patia (“patire insieme”) e di empatia (immedesimarsi). A tutti noi è proposto di praticare le opere di misericordia corporali (dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti) e spirituali (consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti), prendendoci cura della dignità di ogni persona e di tutta la persona.


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