Giubileo straordinario - Misericordia per l'umanità
Inizierà l’8 dicembre 2015, solennità dell’Immacolata Concezione, il Giubileo straordinario voluto con determinazione da papa Francesco. Il motto che ci accompagnerà fino al 20 novembre 2016, solennità di Gesù Cristo Re e Signore dell’universo è Misericordiosi come il Padre.
Cosa cambierà per noi, a livello personale e comunitario, in questo anno santo che ci attende? Sarà un tempo favorevole, un tempo di grazia e di misericordia veramente annunciata, celebrata, sperimentata? Sarà un tempo in cui ci lasceremo sorprendere e convertire dall’appello di Gesù che ancora una volta sta alla porta e insistentemente bussa? Come sempre tutto dipende dalla nostra risposta a Dio e da come intendiamo utilizzare il tempo che ci è dato di vivere in questa porzione di terra e di chiesa.
La prima cosa da fare è capire cosa effettivamente sia il Giubileo. Il termine viene dall’ebraico jobel, il corno di montone il cui suono annunciava agli ebrei l’inizio di un anno particolare. Leggendo il libro del Levitico, uno dei primi cinque libri della Bibbia, al capitolo 25 capiamo che è Dio che vuole che ogni 50 anni la terra sia lasciata riposare e non venga coltivata, i debiti siano condonati, ognuno torni in possesso dei beni che per sfortunate vicende ha potuto perdere, gli schiavi tornino liberi. E’ proprio un sognatore il nostro Dio! Per noi cristiani il Giubileo è Cristo Gesù. Lui stesso nel vangelo di Luca si presenta nella sinagoga di Nazareth e annuncia che la profezia dell’anno di grazia del Signore si è realizzata nella sua persona. E’ lui il liberatore, colui che riscatta gli schiavi, che ascolta il gemito del pianeta, che ci fa riappropriare di quella relazione originaria con il Padre, con gli altri e con la terra che simbolicamente la Sacra Scrittura descrive come il Giardino delle origini. Lui con i suoi gesti ci fa capire chi è Dio e cosa vuole da noi. Nella carne e nel volto di Gesù di Nazareth si manifesta il Volto Misericordioso di Dio. E cosa ci chiede? Innanzitutto che ci sentiamo amati da questo Dio che è Madre e Padre, che ci restaura, rimette insieme i pezzi cadenti della nostra vita, ci risolleva nelle nostre continue cadute e ci ridona speranza. Ci poi di riconoscerlo ed amarlo nel volto dei tanti afflitti (poveri, stranieri, malati, disoccupati, ex carcerati, disabili, anziani soli) che incontriamo sulle nostre strade, nella nostra stessa comunità parrocchiale. Allora prima di aprire le porte delle chiese, siano esse basiliche, cattedrali o santuari sono le porte sante ma chiuse dei nostri cuori che dobbiamo spalancare per andare incontro a tutti senza escludere nessuno. La Chiesa in tutti i suoi membri: papa, vescovi, sacerdoti, fedeli laici si gioca in questo la sua credibilità.
E’ il momento di lasciarsi toccare il cuore e sentire il grido del sangue innocente e di toccare la carne di Cristo nei derelitti.
Questo è il tempo in cui nella comunità tutti mettano in pratica le opere di misericordia e ascoltando l’invito di Gesù offrano un po’ del loro tempo per visitare chi è ammalato, chi ha bisogno di aiuto nello studio, chi è ex detenuto, chi è solo e vorrebbe solo un po’ di compagnia una volta ogni tanto, o una mano che asciughi una lacrima in situazioni di sofferenza e di lutto. La comunità non è un’entità astratta, è fatta da noi. Tutti noi siamo gli “addetti ai lavori”. E’ sull’amore che alla fine della vita saremo giudicati (S. Giovanni della Croce) .