"A mè o presepio me piace!"
"Te piace o' presepio?" é la domanda-tormentone che attraversa l'opera teatrale di Eduardo De Filippo "Natale in casa Cupiello", anzi non è un azzardo dire che il presepe è il vero protagonista della commedia. La figura dell'anziano Luca così attaccato alla tradizione e ai simboli e quella del giovane figlio Tommasino a cui tutto ciò non va per nulla giù, sembrano preannunciare, profeticamente, le odierne cronache pre-festive che vedono ancora il presepe rivestire il ruolo di triste protagonista. Nell'Italia che muta, al pari degli altri Stati Europei, il suo aspetto, si assiste, in taluni ambienti, ad una vera e propria fobia per i simboli religiosi del Natale in nome della laicità e del rispetto delle altre culture e religioni. Tutto questo è senza dubbio sintomo di una irrazionale malattia che ha intaccato l'Europa e la sua cultura, non solo religiosa. E’ ben evidente che questi fatti possono prestarsi anche ad un uso politico e che chi li sostiene non sempre lo fa per amore del cristianesimo. Detto ciò, va anche però osservato che se le radici cristiane vengono difese – come fa Luca nella commedia di De Filippo - solo per motivi storici o culturali, può accadere come di fatto sta accadendo che non si sia più sensibili alla propria storia passata e alle proprie origini culturali anche a causa della crisi esistenziale che, come popolo e come cristiani, stiamo attraversando. La nostra storia e le nostre tradizioni possono diventare afone: non può essere solo il “come eravamo” o il “una volta si faceva” a salvarci dalla secolarizzazione. Il presepe, come ogni altra vera manifestazione delle fede cristiana, ha diritto ad essere mantenuto e difeso non solo perché lì ci sono le nostre origini, ma perché è qualcosa di profondamente vero. Non si capisce dove sia la minaccia alla laicità in questa sacra rappresentazione che, invece, propaga un messaggio di pace, di solidarietà e di intimità, cose di cui oggi si ha profondamente bisogno. Si fa fatica a comprendere dove sia l'offesa in un bambino appena nato, avvolto in fasce e posto in una mangiatoia, simbolo di umiltà, di gioia, di speranza, di amore, di tenerezza.
Aprirsi agli altri senza alcuna distinzione, predicare e praticare la libertà e l'uguaglianza tra tutti i fratelli è il primo motivo del cristianesimo e delle altre grandi religioni e proprio nel Presepe, tra i pastori e i Magi, questo è reso più che mai vivo: facciamo in modo, allora, che questa sua veridicità e questa sua attualità possano continuare a portate in ogni uomo è in ogni donna, di qualsiasi età e di qualsiasi cultura o religione, questo imperituro messaggio che nel Natale, dovunque, ritrova nuovo slancio e nuovo vigore.