Tu scendi dalle stelle - Con l'animo di un bambino
Un grappolo di case sui pendii dei Peloritani, immerso tra i pini e la macchia mediterranea, una piazzetta con una croce marmorea alla sommità di gradini dove sostano i vecchi stanchi dalle fatiche di contadini, in un conversare fitto, mentre un nutrito gruppo di monelli scorazzano con le loro garrule voci ed i giochi innocenti, alla fontana pubblica le donne con le loro “quattare” si riforniscono di acqua per le necessità domestiche, la vecchia chiesa luogo di raccolta della comunità tutta per riti sacri, testimone muta di gioie e di dolori, e nell’aria l’odore intenso e gradevole del pane di grano appena cotto nel vicino forno della viuzza.
E’ l’ora della novena di Natale. E nuova vita anima il reticolo di vicoli che converge verso il cuore pulsante del villaggio. Come d’incanto la piccola chiesa si riempe di donne con il loro “scialle” nero sul capo, di vispi bambini ancora assonnati, di ragazzi, di uomini… qualcuno ha portato da casa la sua sedia perché non ce n’è per tutti. Dopo il rosario e le litanie biascicate, il prete intona un misterioso “Regem venturum Dominum, venite ad oremus” che il popolo ripete ancor più misteriosamente e incomprensibilmente. Ed ognuno se va attendendo alle proprie occupazioni, nell’arco della giornata, rasserenato nell’animo e con la trepida attesa della festa.
Quando il buio di nuovo avvolge ogni cosa è tempo di tornare, dalle diuturne fatiche nei campi o dai commerci in città, nelle modeste case per consumare l’unico pasto della giornata per tutta la famiglia riunita. Sull’armoire è stato realizzato il piccolo presepe, con i goffi pastorelli di terracotta e gli spazi che ripresentano la vita di ogni giorno con il pollaio, l’ovile, le botteghe degli artigiani; il verde muschio ricopre le pietre delle colline. Al centro, la “cona” (grotta) di “spinapulici” ornata con fiocchi di cotone, di “pattualli” dorati e mandarini, un lumino ad olio con la sua fioca luce rischiara il volto di Maria e di Giuseppe tra il bue e l’asinello, la mangiatoia è vuota.
“U ciaramiddaru” passa di casa in casa e dinnanzi al presepe gonfia, con tutto il suo fiato, quell’otre bianco di pelle di pecora, e armoniose nenie pastorali riempiono i cuori. La gioiosa pace per l’attesa della nascita del Bambin Gesù ispira ed alimenta i propositi di armonia e di bene.
Avvolti nel mistero di un Dio d’amore a noi tutti vicino.
Buon Natale!