Il sogno di Bergoglio per la Chiesa in Italia
Dal 9 al 13 novembre 2015 si è svolto a Firenze, città della bellezza e della cultura, il V Convegno Ecclesiale Nazionale con il tema In Cristo Gesù. Il nuovo umanesimo. Papa Francesco il 10 novembre è intervenuto al Convegno e dalla cattedrale di Firenze, in un discorso alla Chiesa italiana, ha condiviso il suo sogno, il suo ideale di chiesa che tutti dovremmo far nostro e realizzare cominciando dall’avviare nelle nostre comunità, come lui stesso suggerisce, un sinodale approfondimento dell’Evangelii gaudium, l’Esortazione apostolica sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, per trarre da questo documento criteri pratici e per attuare le sue indicazioni.
Il papa rivolgendosi alla chiesa italiana l’ha definita adulta, antichissima nella fede, solida nelle radici e ampia di frutti. Il suo desiderio è vederla inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti ma anche lieta, dal volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Egli dice che il nostro umanesimo, la nostra visione dell’uomo è Gesù morto e risorto. Nel volto misericordioso di un Dio “svuotato” contempliamo il volto autentico dell’uomo, soprattutto quello di tanti fratelli umiliati, resi schiavi, svuotati. L’umanesimo cristiano afferma radicalmente la dignità di ogni persona come figlio di Dio, stabilisce tra ogni essere umano una fondamentale fraternità, insegna ad abitare il creato come casa comune, fornisce ragioni per l’allegria e l’umorismo, anche nel mezzo di una vita tante volte molto dura.
Papa Bergoglio afferma che i credenti, in quanto cittadini, hanno il dovere di contribuire alla costruzione della città comune, di immergersi nell’ampio dialogo sociale e politico senza timore di affrontare anche il conflitto, poiché il confronto e la critica impediscono che la teologia si trasformi in ideologia.
La Chiesa dev’essere dunque fermento di dialogo, di incontro, di unità; deve vivere i problemi non come ostacoli ma come sfide, guardando la nazione non come un museo, ma come un’opera collettiva in permanente costruzione in cui sono da mettere in comune proprio le cose che differenziano, incluse le appartenenze politiche o religiose. Una chiesa quella sognata dal papa che presenta tre tratti: umiltà, disinteresse, beatitudine; che non si aggrappa alle proprie sicurezze, alle proprie strutture e pianificazioni ma che sa riconoscere l’azione del Signore nel mondo, nella cultura, nella vita quotidiana della gente; che rifugge dal denaro e dall’ossessione del potere anche quando esso appare utile e funzionale alla sua immagine sociale; che davanti ai mali o ai problemi non cerca soluzioni in conservatorismi o fondamentalismi ma che, innestata e radicata in Cristo, si lascia condurre dal soffio dello Spirito, libera e aperta alle sfide del presente.
Non una chiesa chiusa, timorosa di perdere qualcosa ma con il cuore aperto che lavora e lotta per rendere questo mondo migliore. Una chiesa che esce per le strade e sa accompagnare coloro che sono rimasti ai bordi, che riconosce tutti i suoi figli abbandonati, oppressi, affaticati. Una Chiesa che sceglie i poveri, scopre Cristo nei poveri e presta ad essi la propria voce nelle loro cause. Solo il popolo e i pastori di una chiesa con queste caratteristiche udranno un giorno l’invito di Gesù: “Venite, benedetti del Padre mio ricevete in eredità il regno…” (Mt 25,34-36).