Il “sogno” del Papa sull’Europa
«Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà? Che cosa ti è successo, Europa terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati? Che cosa ti è successo, Europa madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro fratelli?».
Sono alcuni degli interrogativi al centro del discorso pronunciato da Papa Francesco, il 6 maggio scorso, ricevendo il Premio Internazionale Carlo Magno 2016. Questa la motivazione: «in tributo al suo straordinario impegno a favore della pace, della comprensione e della misericordia in una società europea di valori». Punto cardine del discorso del Papa il dramma dei profughi, cuore del suo pontificato con i viaggi a Lampedusa e a Lesbo, che rivolgendosi direttamente all’Europa, come fosse una persona, si chiede: «Che fine hai fatto Europa, terra di diritto, di democrazia e di accoglienza?». Accoglienza che non deve diventare assistenzialismo. Affrontando il tema della mancanza del lavoro, il Papa ha guardato in particolare ai giovani ponendo altri interrogativi: «Come possiamo fare partecipi i nostri giovani di questa costruzione quando li priviamo di lavoro; di lavori degni che permettano loro di svilupparsi per mezzo delle loro mani, della loro intelligenza e delle loro energie? Come pretendiamo di riconoscere a essi il valore di protagonisti, quando gli indici di disoccupazione e sottoccupazione di milioni di giovani europei sono in aumento? Come evitare di perdere i nostri giovani, che finiscono per andarsene altrove in cerca di ideali e senso di appartenenza perché qui, nella loro terra, non sappiamo offrire loro opportunità e valori? La giusta distribuzione dei frutti della terra e del lavoro umano non è mera filantropia. È un dovere morale». Per questo, insiste Papa Bergoglio: «se vogliamo pensare le nostre società in un modo diverso, abbiamo bisogno di creare posti di lavoro dignitosi e ben remunerati, specialmente per i nostri giovani». Per il Papa, infatti, «oggi ci urge poter realizzare “coalizioni” non più solamente militari o economiche ma culturali, educative, filosofiche, religiose. Coalizioni che mettano in evidenza che, dietro molti conflitti, è spesso in gioco il potere di gruppi economici. Coalizioni capaci di difendere il popolo dall’essere utilizzato per fini impropri». Papa Bergoglio, definendo l'Europa una “nonna”, non ha risparmiato una severa critica alle politiche attuali del Vecchio continente indicando come strada: «la sfida di “aggiornare” l’idea di Europa. Un’Europa capace di dare alla luce un nuovo umanesimo basato su tre capacità: integrare, dialogare e generare».
«Alla rinascita di un’Europa affaticata, ma ancora ricca di energie e di potenzialità, può e deve contribuire la Chiesa», afferma il Papa e «solo una Chiesa ricca di testimoni potrà ridare l’acqua pura del Vangelo alle radici dell’Europa».
Il “sogno” di Francesco è dunque: «un nuovo umanesimo europeo, un costante cammino di umanizzazione, cui servono memoria, coraggio, sana e umana utopia». Non solo parole di denuncia e di una critica lettura della realtà europea, ma anche di speranza quelle contenute nel discorso del Papa: «Sogno un’Europa giovane, capace di essere ancora madre: una madre che abbia vita, perché rispetta la vita e offre speranze di vita. Sogno un’Europa che ascolta e valorizza le persone malate e anziane, perché non siano ridotte a improduttivi oggetti di scarto. Sogno un’Europa dove i giovani respirano l’aria pulita dell’onestà, amano la bellezza della cultura e di una vita semplice, non inquinata dagli infiniti bisogni del consumismo; dove sposarsi e avere figli sono una responsabilità e una gioia grande, non un problema dato dalla mancanza di un lavoro sufficientemente stabile. Sogno un’Europa delle famiglie, con politiche veramente effettive, incentrate sui volti più che sui numeri, sulle nascite dei figli più che sull’aumento dei beni. Sogno un’Europa che promuove e tutela i diritti di ciascuno, senza dimenticare i doveri verso tutti. Sogno un’Europa di cui non si possa dire che il suo impegno per i diritti umani è stato la sua ultima utopia». “Sognare” è il verbo ricorrente insieme ad “Osare” del paragrafo finale del discorso del Papa perché solo osando è possibile realizzare i propri sogni.