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La bellezza della legalità - L’incontro di giovani studenti con Nino Di Matteo


9 maggio: una data significativa sia per il passato che per il presente. E’ proprio in questo giorno, infatti, che il Liceo Classico “G. B. Impallomeni” di Milazzo ha avuto l’onore di ospitare uno degli uomini che ancora oggi spendono la loro vita al servizio dello Stato: Antonino Di Matteo. Il magistrato palermitano impegnato nelle indagini sulla trattativa Stato-mafia e sulle stragi del ’92, è stato al centro dell’attenzione di studenti, docenti e stampa, per la sua persona anzitutto, per il suo servizio di uomo dello Stato, ma anche per gli uomini della scorta che da 21 anni lo accompagnano per salvaguardare la sua incolumità. Ad aprire l’incontro il ricordo di Aldo Moro e Peppino Impastato, rispettivamente uccisi dalle Brigate Rosse e dal boss di Cinisi Gaetano Badalamenti, è riaffiorato nelle menti degli studenti. In particolare, gli interventi sono stati aperti “in bellezza”, con la citazione cioè proprio del discorso di Peppino Impastato sulla bellezza, da lui intesa come arma per riabituare la gente a sentire il richiamo alla giustizia, alla vita buona. Non è stata una delle tante conferenze, quella che ha avuto luogo nei locali del Liceo: non si è basata, infatti, sulla retorica ma su vita vissuta, sulla testimonianza. Necessità di vincere la “subcultura della rassegnazione”, di parlare di mafia, di non essere mai sazi di informazione, di mantenere viva la memoria come conoscenza dei fatti: questi i punti nodali di un discorso che ha calamitato l’attenzione di una platea silenziosa e assorta come in poche altre occasioni. Il PM, inoltre, non ha mancato di fare un forte richiamo alle parole di denuncia della mafia, come antitetica al Vangelo, di Giovanni Paolo II e di papa Francesco. Seduto al centro tra altri due esponenti della magistratura italiana, Giuseppe Sidoti ed Emanuele Crescenti, Antonino Di Matteo ha lasciato un suo personale messaggio: non serve tanto il coraggio per combattere la mafia, non è necessario essere eroi (quello che, in realtà, pensava anche Giovanni Falcone, che ricorderemo il 23 maggio). Bisogna soltanto avere a cuore la propria dignità. Quella dignità che “gli uomini d’onore” vogliono comprare per mezzo della corruzione, dell’omertà, dell’illegalità, ostacoli contro i quali c’è solo un antidoto veramente efficace, capace di resistere a tutto: la cultura.


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