“Quando indosserò la stola…!” Tra sogni e realtà
In questa breve espressione, spesso si racchiudono le gioie e le speranze di quanti si preparano a diventare presbiteri. E siccome ormai manca poco al momento tanto atteso in cui anch’io “indosserò la stola”, segno per eccellenza del presbitero, nel mio cuore prende sempre più forma il profilo del prete che vorrei essere. Certamente tanti sono i sogni. Primo tra tutti quello di essere fedele annunciatore del Vangelo, che è Gesù Cristo, Parola fatta carne. Riuscire a far entrare il Vangelo nelle realtà in cui viviamo, soprattutto nel mondo giovanile, è una delle sfide quanto mai attuali. In un contesto culturale assai mutato, in cui pare che si possa fare a meno di Dio, come scriveva il beato Paolo VI nella sua esortazione Evangelii nuntiandi, è necessario che «il mondo del nostro tempo possa ricevere la Buona Novella […] da ministri del Vangelo, la cui vita irradi fervore». L’amore per il Vangelo si trasmette “per contagio”, cioè solo attraverso la testimonianza gioiosa di chi ha fondato in esso la propria vita. Un altro grande sogno è quello di poter essere pastore e guida di una comunità cristiana. Credo che per diventare pastori non siano sufficienti solo gli studi accademici né la formazione ricevuta negli anni di discernimento. Ritengo piuttosto che sia necessario un vero e proprio “lavoro sul campo”. Se amare è sinonimo di “stare con”, per essere pastori e quindi amare il gregge, bisogna stare in mezzo al gregge. Uno dei rimproveri che spesso la gente rivolge ai sacerdoti è quello di essere poco disponibili all’ascolto. è pur vero che oggi per la carenza di sacerdoti, spesso un parroco deve fare la staffetta per raggiungere le molteplici comunità che gli vengono affidate. Tuttavia, non bisogna mai perdere di vista lo scopo più importante che è quello di essere presenza viva tra la gente di Cristo buon Pastore, e quindi di essere pastori capaci di amare, educare e servire il popolo che ci viene affidato. Infine, il mio desiderio è quello di poter sempre avere un’attenzione particolare per i poveri. Se nel cuore di Dio c’è un posto preferenziale per i poveri, tanto che Egli stesso «si fece povero» (2Cor 8,9), credo che questo posto debba esserci anche nel cuore di ciascun sacerdote. Ciò, come ci esorta spesso Papa Francesco, deve tradursi in un’attenzione religiosa privilegiata e prioritaria verso quei fratelli che vivono situazioni di indigenza. Spero che questi miei sogni possano realizzarsi nella mia vita presbiterale, per la gloria di Dio e il bene della Santa Chiesa.