La donna islamica nella comunità barcellonese
Sottomessa, considerata una nullità, schiavizzata. Questa è la visione che l’Occidente ha della donna islamica e che lo fa titubare di fronte a una religione tanto diversa e antifemminista. Eppure, scorrendo le pagine del Corano, è possibile evidenziare un rispetto nei confronti della donna che contrasta nettamente con quanto la realtà, purtroppo, ci presenta. All’interno del testo sacro essa gode, infatti, di grande considerazione ed è esaltata come madre perché “lo ha portato con fatica e con fatica lo ha partorito” (Sura al-Ahqaf, 46:15). Lo stesso profeta Maometto trattava le donne con gentilezza, consultandole addirittura in varie questioni. Ancora nelle Ahadith (Tradizioni profetiche) si legge «le donne sono uguali agli uomini». Tutto ciò può apparire strano e non farci comprendere il nesso tra ciò che i testi riportano e la realtà concreta: come si spiegano, allora, i trattamenti e le regole alle quali molte donne di religione islamica sono sottoposte? Secondo la studiosa Riffat Hassan si tratterebbe di un’errata interpretazione, di tipo maschilista, di alcuni versi del Corano che avrebbe deformato il senso del testo sacro. La nostra città ospita attualmente donne appartenenti alla religione islamica provenienti da Marocco, Tunisia e Albania, nonché una famiglia di origine algerina. Sono giunte da noi per seguire il marito in cerca di lavoro o per iniziare una nuova vita, portando con sé un bagaglio pieno di ricordi e sentimenti contrastanti. Ambientarsi in un paese straniero non è stato semplice per loro. Hanno dovuto lottare, soprattutto le più giovani, contro i pregiudizi e gli sguardi dell’altro, spesso pesanti come macigni. La maggior parte indossa un velo chiamato hijab che copre il capo fino al petto, lasciando il volto scoperto. Secondo la religione islamica, infatti, l’uso del velo indica pudore e modestia poiché la donna è invitata a mostrare il suo corpo e la sua bellezza solo al marito, di conseguenza le è vietato anche indossare vestiti scollati o troppo attillati. Tutto fa parte della cultura di una religione che le stesse donne accolgono con fede. Il problema sorge nei paesi occidentali, in cui il velo è visto come un abuso sulla donna, una forma di sottomissione che andrebbe contrastata. La comunità di Santa Maria Assunta e il nostro parroco Santino Colosi ha da tempo dimostrato la propria apertura al dialogo interreligioso accogliendo con gioia quanti desiderano partecipare alla vita della parrocchia, indipendentemente dal proprio credo religioso. Alcune ragazze islamiche oggi prendono parte con entusiasmo alle attività del gruppo giovani, offrendosi anche come animatrici in occasione del grest estivo. Per noi esse sono fonte preziosa di confronto e dialogo, testimoni esemplari di forza e generosità. Desidero ringraziare Myriem per le approfondite informazioni che mi ha gentilmente fornito per la redazione di questo articolo.