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La resa dell’opinione pubblica e dello Stato La droga. “Non è un problema mio, per fortuna”


Non è passato un anno dalla morte di Ilaria Boemi (adolescente messinese) che ha finito la sua brevissima vita sola su una spiaggia a seguito di uso di sostanze stupefacenti. E’ passato poco tempo eppure pare successo tanto tempo fa perché le cronache, i media e la memoria collettiva vivono una sorta di “chiodo schiaccia chiodo” per cui la notizia è utile finché “calda”, poi tutto nel dimenticatoio. Il problema è che spesso in quel buco nero non ci finiscono solo le storie più o meno mondane dei cosiddetti vip o le vicissitudini, più o meno banditesche, del politico di turno. Nel tritatutto della memoria finiscono le Persone, le loro storie di vita, come quella di Ilaria: non è accettabile. Se lei come altri, purtroppo, ha vissuto e scontato scelte sbagliate, questo riguarda la società nel suo insieme. Le loro storie interrogano tutti noi. Cosa facciamo, cosa pensiamo, come stiamo vicini ai più vulnerabili? Spesso risponderemmo con un’alzata di spalle… “non è un problema mio, per fortuna” e così le scelte che riguardano noi, le nostre vite, la nostra possibilità di costruire e vivere comunità più vivibili, più solidali, più inclusive, passano sopra le nostre teste chine a guardare il nostro orticello. Penso che non si possa rimanere indifferenti, parlando di sostanze stupefacenti, davanti alla proposta di legge in discussione in Parlamento in questi tempi che legalizza la coltivazione, la vendita e l’uso della cannabis e dei suoi derivati. Ovviamente la proposta è corroborata da una serie di motivazioni di vario ordine quali la necessità d’investire altrove i soldi destinati al contrasto dello spaccio, visto che tale contrasto è risultato inutile o quasi; oppure che il controllo legale garantirebbe una migliore qualità del prodotto. Ora, seppure queste ragioni possono essere considerate sostenibili da un punto di vista economico, perché ridurrebbero i costi di prevenzione e persecuzione dei reati connessi, palesano una resa incondizionata dello “Stato” che, non potendo contrastare un fenomeno, tenta di “normarlo”… Se ci si rifà all’esempio del gioco d’azzardo (legalizzato per sconfiggere i vari totonero, scommesse clandestine, bische illegali…) non c’è da stare molto tranquilli, visto i danni che la diffusione massiccia ed invasiva che il fenomeno sta procurando a milioni di italiani. Peraltro il gioco d’azzardo, lecito o meno, resta ancora, in buona parte, gestito dalla criminalità. Inoltre, cosa ancora più allarmante, con la proposta di legalizzazione si alimenta la cultura della possibilità dello sballo, più o meno controllato, più o meno legalizzato, ma comunque sballo. Niente si prevede nella direzione della dissuasione o prevenzione di tali pratiche, neanche nei confronti dei giovani e degli adolescenti che sono fisiologicamente i soggetti più vulnerabili perché spinti dal naturale bisogno di sperimentarsi sperimentando. Nella proposta di legalizzazione non c’è il minimo accenno ad iniziative che possano essere deterrenti o preventive rispetto all’uso di cannabis che rimane sempre una sostanza dannosa per l’organismo. Mentre sappiamo che il diritto al benessere fisico e alla salute è sancito nella nostra Costituzione. Non dimentichiamo che la concentrazione di tetraidrocannabinolo (il principio attivo con effetti psicotropi della cannabis) in alcune varietà oggi selezionate è molto più alta. Se poi si considera che il cervello umano completa la sua maturazione solo dopo i venti anni, si possono immaginare i danni cui sono esposti gli adolescenti che assumono cannabinoidi per svariati anni. Nei miei oltre trent’anni di lavoro giornaliero a fianco di giovani, uomini e donne tossicodipendenti, passati nella comunità ho conosciuto svariate centinaia di persone e le loro storie. Mi sento di potere affermare, senza tema di smentita, che il 99% di queste persone è arrivata all’uso di sostanze cosiddette “pesanti” (eroina , cocaina, allucinogeni vecchi e nuovi…, ammesso che tale distinzione abbia ancora senso), hanno cominciato con il consumo di cannabis.. Molto spesso questa viene utilizzata dagli spacciatori per coinvolgere i nuovi potenziali clienti, una sorta di svezzamento per poi proporre le altre sostanze. Chi può dire oggi che chi un domani potrà accedere legalmente alla cannabis si fermerà al solo consumo di questa? E se anche così fosse, rappresenterebbe un fattore di emancipazione, una resa, un’accettazione incondizionata di stili di vita nocivi?

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