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Nel segno dell’appartenenza


Cristo si, chiesa no. Nel passato Cipriano vescovo di Cartagine aveva però detto: Non può avere Dio per Padre chi non ha la chiesa per Madre. E dunque? Certo, se si guarda alla chiesa come ad un’istituzione gerarchica con i laici che fanno da base o da zerbino (secondo alcuni), se l’idea che si ha della chiesa è quella di un’agenzia di servizi a cui ci si rivolge in particolari momenti della vita (nascita, passaggio all’adolescenza, matrimonio, malattia, morte) grazie a sacerdoti-funzionari del sacro che porgono il conto dei sacramenti attenendosi al tariffario, se la si immagina come una ONG che supplisce alle carenze dei vari enti preposti all’assistenza delle fasce più deboli, o peggio ancora se si guarda ad essa solo come un’istituzione in cui la corruzione, serpe prolifica, si è annidata, è ovvio che ci stiamo proprio allontanando dalla vera identità della chiesa. Ho avuto la fortuna nel corso dei miei ultimi 25 anni, grazie a splendide figure , di capire cos’è veramente la Chiesa.

Essa è mia Madre e sono pronta a difenderla come si difende colei che ti ha generato alla vita, perché nel suo grembo che è il fonte battesimale, mi ha immerso (con le mani dei suoi ministri) nella morte e risurrezione di Gesù il Cristo e senza che io avessi alcun merito una vita nuova mi è stata donata. La Chiesa è il Corpo di Cristo di cui anch’io con i miei limiti, le mie mancanze, la mia infedeltà, sono membro vivo. Essa è un Popolo, che per me assume il volto della Comunità di Santa Maria Assunta, vive in un territorio che è quello di Pozzo di Gotto, segnato da situazioni di povertà, emarginazione, criminalità ma anche da ricchezza di cuore, terra d’accoglienza per molte famiglie straniere che qui hanno trovato casa, così come casa e solidarietà, grazie alla tenacia di P. Pippo hanno trovato tante persone con disagio mentale che la società scarta. Territorio, il nostro, sovrastato da un santuario in cui una comunità carmelitana veglia con la sua preghiera incessante e con la sua umile e laboriosa presenza. In questa Comunità, nel suo nome e per suo conto, ormai da 23 anni svolgo il mio servizio di catechista. Insieme ad altri a cui il parroco ha affidato questo mandato siamo il volto bello della comunità che annuncia il Vangelo di Cristo ai fanciulli, ai giovani, alle famiglie. Le parole di San Paolo: Tutto è lecito, ma non tutto edifica! Non si cerchi l’utile proprio ma quello altrui (1Cor 10,23-24) ispirano il mio agire. La mia parrocchia assomiglia molto alla comunità dei primi tempi. È fatta di persone e come tale porta il segno del peccato, della divisione, dello scandalo. Se è vero che Gesù ha detto: Vi riconosceranno da come vi amerete (Gv 13,35), posso ipotizzare che molte volte con i nostri gesti e parole abbiamo deluso il Maestro e chi ci guarda. Estirpare atteggiamenti non evangelici, di chiusura, di appropriazione indebita di spazi sacri deve diventare il compito quotidiano di chi opera nella comunità cristiana e del parroco che la guida. Tante altre volte però sono sicura di aver scorto il sorriso di Gesù che guarda la mia Comunità mentre compie il bene: gli operatori pastorali che servono i tanti fratelli indigenti che ricorrono al Banco alimentare, i ministri straordinari della Comunione che visitano gli ammalati e gli anziani allettati e con il loro servizio umile e discreto portano insieme a Gesù Eucaristia il balsamo della loro carezza e del loro sorriso, segno della vicinanza di una comunità. E che dire di quegli operatori che puliscono con cura spazi e arredi sacri, o dietro un banchetto scrivono le offerte del fiore che non marcisce, oppure organizzano con cura e devozione la festa del Patrono. Posso affermare di aver visto il sorriso compiaciuto di Cristo quando tanti ado/giovani con la gioia e l’entusiasmo della loro età si prendono cura gratuitamente di tanti bambini e ragazzi nel Grest e anche durante l’anno con la loro presenza in Oratorio, laddove la comunità svolge il suo compito educativo. È bella la mia comunità quando vedi il gruppo Caritas che aiuta gli anziani e sopperisce alla loro solitudine o si accorge dei bisogni degli ultimi, il coro parrocchiale che il mercoledì sera fa le prove per rendere più intenso l’incontro con Cristo nella Liturgia, quando col “Progetto pane e dignità” si paga qualche bolletta o medicine a chi attraversa momenti di difficoltà, quando si aiutano tanti bambini a recuperare delle lacune nello studio o si fanno dei turni per far sì che tante persone possano trovare aperta la chiesetta delle Anime del Purgatorio in cui Gesù Eucaristia viene lasciato all’adorazione dei fedeli che in Lui trovano conforto. È gioiosa, movimentata e colorata la mia comunità, con tutti quei ministranti, grandi e piccini, che si danno da fare per svolgere al meglio il loro servizio all’altare e che sono la gioia di P. Santino, P. Vito e del diac. Salvatore. È forse mangiona e beona la mia comunità, perché spesso sa allungare la tavola per vivere momenti di festa e condivisione con altri. Vuol camminare sulle orme di Cristo e anche se inciampa e cade so che avrà sempre la forza di rialzarsi.

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