Tutto devo alla Chiesa La Chiesa che amo io: una madr
Tra le esperienze che hanno dato forma e sostanza alla mia vita, dalla prima infanzia, è da annoverare la chiesa. Per mano mi ci conduceva mia nonna. Rimanevo affascinato da un S. Giorgio a cavallo, in cartapesta, che combatteva col dragone e m’incuriosiva il prete con la sua gestualità, tanto da imitarlo poi giocando a fare il prete con i miei amici. Le preghiere biascicate dalla gente in un improbabile latino, i canti, le feste, le processioni, i furtivi segni di croce del mio burbero nonno durante l’arco della giornata mi parlavano di Qualcuno sempre presente nella vita della famiglia e del villaggio. La narrazione semplice della nascita di Gesù (du bammineddu) in occasione del Natale, della passione, morte e risurrezione a Pasqua, come dei miracoli e delle parabole, poco per volta mi ha introdotto alla conoscenza del Salvatore del mondo. Grande fu la gioia che provai nella mia prima comunione perché l’amico Gesù, come lo chiamava la mia catechista, lo sentivo davvero dentro di me e mio compagno di vita. La laboriosità dignitosa dei miei genitori, la grande ospitalità praticata verso tutti, il senso del dovere, l’onestà, l’accoglienza dei poveri e la condivisione del pezzo di pane guadagnato con tanta fatica mi educavano, giorno per giorno, alla generosità e all’amore verso Dio che ci donava la salute, una casa, una famiglia, un lavoro, la possibilità di studiare e di progredire nella società, ed all’amore verso gli altri che riempivano la nostra vita nel vicinato, a scuola, nel lavoro, ed in chiesa. Così sono stato iniziato a vivere in Cristo, dalla Chiesa, la grande famiglia dei figli di Dio e la comunità dei fratelli. Poi sono venuti gli anni dell’adolescenza in Seminario, il discernimento vocazionale, capire cioè cosa fare della mia vita, ma prima ancora la presa di coscienza di Dio che mi amava nonostante i miei dubbi di fede, le fragilità ed i peccati, il buio e l’angoscia quando non lo percepivo davvero intimo a me stesso. Ed ancora la Chiesa mi ha sostenuto, incoraggiato, corroborato nel cammino vocazionale offrendomi mille opportunità di crescita e di maturazione nella fede, nella speranza e nella carità, fino alla decisione - verificata e confermata dalla comunità dei credenti - di spendere la mia vita come presbitero al servizio di Dio e dei fratelli. Amo la Chiesa così com’è, questa Chiesa locale smarrita ed in attesa di un Pastore, con fedeltà - nonostante i miei limiti e le mie derive esistenziali - perché mi è madre ed è presenza ed espressione del Regno di Dio al quale tutti gli uomini sono chiamati ad appartenere. Tutto devo alla Chiesa! “Questo impasto di bene e di male, di grandezza e di miseria, di santità e di peccato che è la Chiesa, in fondo sono io...Ognuno di noi può sentire con tremore e con infinito gaudio che ciò che passa nel rapporto Dio-Chiesa è qualcosa che ci appartiene nell'intimo”. (Carlo Carretto)