La carità
“La Carità non è per la Chiesa una specie di attività di assistenza che si potrebbe lasciare ad altri, ma appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza” (Deus Caritas est). "Caritas sine modo", direbbe don Tonino Bello, un Amore senza moderazione, smodato, sregolato, senza limiti, “disposto cioè a giocare in perdita per il bene dei fratelli”. Come Chiesa, universale e locale, siamo quotidianamente interpellati a fare discernimento, a dare motivazioni al nostro impegno, a progettare l'esistenza, a denunciare i meccanismi perversi del mondo impegnandoci nella costruzione di una società migliore, introducendo nella sfera politica la forza liberatrice del Vangelo ponendoci realmente dalla parte degli ultimi. La Chiesa infatti non annuncia il Vangelo solo quando predica ma principalmente quando ama, quando si fa serva silenziosa, quando soffre accanto e per i poveri, quando spoglia se stessa per essi. La Chiesa infatti evangelizza non solo per quello che dice, ma soprattutto per quello che è e che fa. “Cristo è nel pane, ma lo si riconosce solo nello spezzare il pane”, scriveva il filosofo R. Garaudy. Non ci sono riti o processioni che riescano a far tacere il grido di dolore delle migliaia di uomini, donne e bambini massacrati dai bombardamenti intelligenti o fatti a pezzi dagli attentati terroristici. Non sarà il vuoto fasto delle nostre para-liturgie, la ricchezza dei paramenti sacri e la bellezza degli addobbi floreali a lenire i drammi di coloro che sono senza un lavoro e senza una casa. Non è possibile onorare il Sacramento, Corpo e Sangue di Cristo, se non lo onoriamo nel corpo e nel sangue dei milioni di profughi, respinti alle nostre frontiere, che chiedono accoglienza e cercano riscatto. La fede, adesione a Cristo Gesù e al suo Vangelo, si misura dalla capacità di accogliere l'Altro accogliendo gli altri, di condividere con loro la vita e il pane. Come Chiesa siamo sì, capaci di adorare il Corpo di Gesù nelle Specie Eucaristiche, ma siamo sovente impediti di scorgerlo nei tabernacoli e negli ostensori scomodi della miseria, della sofferenza e della solitudine dei fratelli.