Riscriviamo le relazioni umane - Antidoto all’odio di genere
A: “Mio marito mi picchia, non ne posso più”. B: “Incontriamoci, parliamone”. A: “Se lui scopre che ho parlato con un avvocato mi ammazza”.
Una situazione ricorrente di donne vittime di violenza domestica che al riscatto preferiscono continuare a subire in silenzio, per paura, talora per vergogna, e che non denunciano, step ineludibile per applicare anche la più efficiente delle normative che il legislatore riesca a emanare. Nei nostri contesti familiari e sociali serpeggia un diffuso malessere che spesso degrada in violenza fisica e/o psichica. E’ il dramma della sopraffazione legato ora alla fine di una relazione sentimentale, ora alla deresponsabilizzazione degli adolescenti trascinati dalle logiche del branco. Risalta il dato che autori delle violenze siano quasi sempre uomini. Tuttavia non è semplice leggere il fenomeno. Secondo taluni studi sociologici la radice della violenza è da rintracciare nella toxic masculinity, modello secondo il quale “i maschi detengono il potere attraverso la dominanza e il controllo”. Un’atavica prospettiva androcentrica, che l’odierna cultura occidentale ha ereditato sin dall’antichità e che ha caratterizzato nei secoli le varie civiltà, per effetto della quale la perdita della dominanza nei confronti della persona sulla quale si esercita crea disagio, caricandosi delle più becere pulsioni (odio, risentimento, frustrazione) che tramuta in violenza e rabbia nei confronti della compagna. Come cristiani dobbiamo interrogarci sulle strategie proponibili nelle nostre comunità per prevenire gli abusi e, laddove ciò non è stato possibile, per tendere la mano alle donne abusate.
L’attuazione del messaggio evangelico nella quotidianità - attraverso la diffusione della cultura della donna “dono di Dio per l’uomo”, che esce dalla costola dell'uomo per rimanere sotto l'ala protettiva dell'uomo ed al suo fianco per percorrere insieme il cammino della vita - consentirebbe di alimentare un contesto sociale nuovo, fondato sui valori del rispetto e di promozione dell’altro. Urge la riscrittura della grammatica delle relazioni umane: insegnare agli uomini il valore della diversità come ricchezza; del camminare insieme; del farsi vicini, diversi ma compresenti; della condivisione, della cooperazione. Su altro fronte, individualmente e collettivamente, nell’ambito di quelle formazioni sociali ove trova promozione la personalità dell’individuo, come credenti siamo chiamati a emulare il samaritano sulla via per Gerico: a spenderci per l’altro, a vigilare come sentinelle, a cogliere i sintomi di un malessere mal celato da parte di chi non ha voce per gridare. Sarebbe auspicabile la predisposizione di aree per l’ascolto delle donne in affiancamento all’attività normata di indagine e protezione alla quale lo Stato dovrebbe riservare maggiore impegno.
Un compito non utopistico: i mutamenti sociali viaggiano sulle gambe delle persone di buona volontà.