Connessi… con il cuore! Un’ulteriore sfida per gli educatori: suscitare emozioni
Si parla tanto di emergenza educativa, della difficoltà di interagire con preadolescenti e adolescenti, di trovare metodologie e argomenti che possano coinvolgerli, che possano distoglierli da un generale atteggiamento di disinteresse, svogliatezza e, nei casi più gravi ma non rari, di apatia. Non si tratta di un problema relegabile all’ambito esclusivamente scolastico, ma coinvolge tutti gli ambiti educativi: famiglia, associazioni, centri sportivi, oratori. Quanta fatica si fa ad attirare la loro attenzione, a farsi ascoltare, a farli impegnare! Le metodologie didattiche alternative da sole non bastano a risolvere un problema che ha radici profonde nell’animo e nei sentimenti degli adolescenti e a colmare il disagio di fronte ad un sistema educativo che sembra non dare risposte adeguate ad esigenze mutate. Il problema non è solo di carattere cognitivo e si fa presto a dire che i giovani di oggi sono diversi da quelli di un tempo! Semmai, dobbiamo ammettere che il modo di pensare è cambiato, non tanto per effetto di una selezione naturale o di una modificazione genetica, quanto per l’influenza che su di loro, nativi digitali, hanno esercitato le nuove tecnologie della comunicazione . Immersi nel mondo, ma soli; disabituati ad intessere relazioni e a confrontarsi con gli altri; incapaci a gestire i propri sentimenti e ad entrare in empatia con il mondo. E’ il trionfo della velocità che, paradossalmente, rallenta emozioni e competenze dialettiche ed argomentative: il pensiero e le emozioni richiedono troppo tempo; lo stupore dell’imprevisto e la contemplazione del mistero non sono programmabili e fanno paura… Forse è proprio questo il nocciolo del problema: li assistiamo, li proteggiamo, gli facilitiamo la vita e lo studio e li disabituiamo al senso della scoperta, al piacere di sognare, al gusto di desiderare e di creare. Così diventano vittime di quell’accidia, di quel male di vivere di petrarchesca memoria, che anestetizza la loro volontà e ce li fa apparire indolenti e distratti. E’ necessario da parte degli adulti, in primo luogo, riappropriarsi della propria capacità emozionale, quindi impegnarsi in una rieducazione sentimentale dei giovani, recuperando la consuetudine del dialogo, del confronto, dell’ascolto, anche a costo di scontri e delusioni. Sollecitiamo i nostri ragazzi ad esternare le proprie opinioni, a porre delle obiezioni, a proporre soluzioni, a pensare in modo alternativo, ad essere propositivi, a “metterci la faccia”: li stupiremo e quello sarà solo l’inizio. L’educazione è un’impresa rischiosa che va affrontata personalmente e non può essere rinviata né delegata. Potremmo, magari, scoprire che è una stimolante occasione di crescita anche per noi educatori.