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Alla ricerca dell’umanità perduta - Meditando di fronte al Presepe


Ancora luci, albero, presepe, regali, Messa di mezzanotte… Tutto secondo copione: è ancora Natale! Tutto rassicurante, come sempre. Si rinnova il Mistero dell’Incarnazione, Dio si fa Uomo, accetta di condividere con lui una condizione di miseria, dolore, fatica. La prospettiva cambia; cambia la gerarchia dei valori. Il messaggio è davvero sconvolgente, ma ci consola sapere che quel Bimbo nato in una grotta di poveri migranti raccoglie su di sé il dolore dell’umanità e lo riscatta; che per tutti ci sarà misericordia e beatitudine; per i malati la medicina che salva. Un messaggio del genere dovrebbe renderci inquieti ricercatori della Verità e del Bene, non tiepidi e pigri testimoni di una storia da raccontare al calduccio delle nostre case. La nostra rappresentazione del Natale, allora, è anacronistica e falsa! E’ il caso di porci di fronte a quel Bambinello paffuto e roseo e di cercare di capire se e cosa abbia da dire ancora a ciascuno di noi in una vita quotidiana piena di stenti, sofferenze ed orrori. E’ necessario staccarsi dai luoghi comuni e provare ad immaginare un Presepe “diverso”, “alternativo” e per questo più vero, in cui ciascuno di noi si possa riconoscere. Penso ad un Presepe senza i pastori tradizionali, vere opere d’arte in molti casi, ma immagine di un mondo lontano nel tempo; penso ad un contesto tutt’altro che idilliaco, ad un paesaggio distrutto dalla guerra; uomini, donne e bambini abbandonati con il corpo straziato su strade insanguinate; ovunque, sofferenza e bisogno; grida di dolore; un’aria livida, un odore di morte….E nella grotta una giovane donna, con in braccio un piccolo denutrito e in lacrime; poco distante un giovane, seminudo e mutilato; al centro del quadro un bambino deforme. Niente canti, gioia, notte stellata, pastori in adorazione. I sensi inorridiscono, ma il cuore e la mente assentono. E’ forse meno Natale nelle zone di guerra o negli ospedali da campo, nelle case – famiglia per il recupero di tossicodipendenti o di malati psichiatrici, negli orfanotrofi? E’ meno Natale quello di una famiglia che vive le difficoltà della disabilità e della malattia, della povertà e del pregiudizio? Vorrei un Natale che ci riportasse alla realtà dell’accoglienza del diverso, dell’inutilità dei falsi idoli, alla necessità di costruire vie di pace, che ci introducesse al Mistero dell’uomo che ricevendo Dio, pur nella sua infinita limitatezza, non può che elevarsi al livello degli angeli! Vorrei che in quel Bimbo che ci guarda dalla grotta vedessimo l’umanità perduta e ritrovassimo la nostra capacità di commuoverci di fronte ai dolori del mondo.


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