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Natale - Il “Logos”  trova famiglia, casa


In un quadro storico dove a contare sono i potenti e i grandi di turno, Dio edifica la sua storia di salvezza non scegliendo i potenti, ma gli umili e i poveri. Maria di Nazareth, Giuseppe, i pastori, fanno parte degli invisibili della storia umana, sono marginali rispetto ai centri di potere politico, economico e religioso del loro tempo. Loro, e quelli come loro, sono esclusi, rifiutati da ogni consesso umano. E' in questa realtà che il Figlio di Dio "si è fatto carne ed ha posto la sua tenda in mezzo a noi". Il “Logos” trova famiglia, casa, calore proprio tra coloro per i quali non c'è mai posto. Un Dio così non è facile da riconoscere, soprattutto agli occhi di noi, persone troppo sazie, che non attendiamo più nulla. Soltanto i poveri, gli umili, gli esclusi, i disprezzati, gli emarginati, di cui i pastori sono simbolo, hanno occhi tanto buoni da riuscire a discernere la sua presenza. Gli altri: i ricchi, i sazi, i potenti, restano delusi e scandalizzati di fronte a tanta insignificanza, di fronte a un Dio che “non manifesta la sua gloria imponendosi con la forza e affascinando con i prodigi”. La Gloria di Dio invece riveste i panni della fragilità, della debolezza e nell'impotenza di un bambino, di un infante (népios), incapace ancora di parlare. Ma la ragione di Dio di farsi povero, non è la povertà in se stessa. E' invece la sintesi della sua misteriosa logica, il frutto del suo amore per la creatura umana. Egli non ha fatto piovere dall'alto la sua salvezza, quasi fosse una elemosina, ma nell'incarnazione si è rivestito della nostra stessa fragilità e debolezza, divenendo per noi - come afferma S. Paolo - peccato. Bloccare però il mistero del Natale all'immagine di un Dio che si fa uomo, sia pure nella povertà, è parziale. Questa immagine assume il suo autentico significato solo se la si contempla insieme alle tante altre che presentano l'evento di Betlemme come tappa dell'uomo verso il raggiungimento della sua vera identità di immagine di Dio, attraverso un itinerario di comunione fraterna e di scelte d'amore credibili. Non c'è perciò fedeltà al suo progetto d'amore che non richieda strappi, che non sia pronta a mutare radicalmente i piani della nostra esistenza. “Natale, pertanto, richiede tensione, impegno, rinnovamento: senza soste e senza confini”. C'è urgenza di un Natale che non ci assopisca, che non ci stordisca con le sue immagini eccessivamente sdolcinate, che restituisca l'uomo all'uomo e che diventi un progetto di vita da realizzare continuamente con l'assunzione della nostra responsabilità personale e sociale, un autentico impegno di liberazione. Buon Natale.


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