Amori impossibili L’invalicabile linea di confine dentro di noi
Pensate a due giovani, lei che abita a Messina lui a Catania, che si incontrano, e si innamorano, a Milano, o a Parigi, Londra, Los Angeles. Inevitabile immaginare che entrambi, a conclusione del periodo di lontananza per motivi lavoro o di studio, non potranno fare a meno di rivedersi nelle città di residenza, appena un’ora d’auto, per cementare il loro amore e parteciparlo a familiari, amici, conoscenti, stagione di trasalimenti e dolce fantasticare, verso un futuro allettante da costruire insieme.
Tutto questo, invece, non può accadere a Liat e Hilmi, i protagonisti del bel romanzo di Dorit Rabinyan, ”Borderlife” (ed. Longanesi), conosciutisi a New York, lei traduttrice e beneficiaria di una borsa di studio, proveniente da Tel Aviv; lui pittore che ha lasciato la famiglia a Ramallah.
Tel Aviv dista da Ramallah poche decine di chilometri, ma Liat è israeliana, Hilmi palestinese, perciò, anche nella metropoli americana, una linea di confine invalicabile li divide, tracciato impervio segnato da differenze religiose e culturali, contrapposizioni e conflitti duri a morire. L’irresistibile attrazione dei due giovani è così avvolta da un velo d’ombra, perché le radici, difficili da estirpare, impediscono al seme dell’amore di fiorire su un terreno comune. “Persino in questa gigantesca città, lontana da casa, non ci siamo solo noi due”, dice, con profondo rammarico, la ragazza.
Già, le radici… quei legami ancestrali che, modellandoci e condizionandoci, arrivano persino a soffocare, in ogni parte del mondo, le ragioni più elementari del nostro essere uomini: da qui la spiegazione di tanti muri innalzati. Liat e Hilmi, ritornati in patria, si scambieranno solo qualche telefonata. I soldati al posto di blocco avrebbero potuto fermare Hilmi; a Liat, “dieci anni fa… una di quelle soldatesse”, l’illusione di poter essere vista da lui “tra i passanti, quando i telegiornali avrebbero mostrato le strade di Tel Aviv”.
Storia senza lieto fine, dunque, e non solo perché Hilmi muore inghiottito dalle onde che lambiscono la spiaggia di Giaffa (“quando ha guardato il lungomare, chissà, magari aveva cercato anche me”, l’ultimo lancinante pensiero di Liat), ma soprattutto perché il lettore è sopraffatto da una dolorosa constatazione: non è vero che “omnia vincit amor”, se il cuore non è irrorato dall’amore fraterno, il solo che unisce e soccorre. Rut e Noemi, dove siete in quella terra martoriata?