top of page

Per accompagnare, discernere ed integrare la fragilità


La domenica di Pentecoste di quest’anno un grande dono è stato fatto alle 18 diocesi siciliane dai vescovi dell’Isola. Essi sono stati i primi in Italia ad elaborare un documento che fa seguito all’Esortazione post-sinodale Amoris Laetitia di papa Francesco con la quale nella primavera del 2016 si sono aperte nuove prospettive sull’azione pastorale nei riguardi della famiglia e in generale della vita affettiva umana. Il documento dal titolo Orientamenti pastorali. Accompagnare – Discernere - Integrare la fragilità è un testo di 14 pagine schematiche, chiare ed essenziali con cui la Conferenza Episcopale Siciliana ha voluto fornire alle comunità ecclesiali delle linee guida comuni e condivise, utili ad applicare in modo corretto le indicazioni del capitolo VIII di Amoris Laetitia ed evitare eccessi di rigorismo o di lassismo. Il documento si pone in sintonia con l’insegnamento di papa Francesco ed il matrimonio come Sacramento con i suoi valori di fedeltà, indissolubilità, unicità, fecondità è visto come la meta a cui tendere, la forma culminante di ogni relazione d’amore tra un uomo e una donna poiché esso la lega con il Mistero pasquale di Cristo e con la sua donazione alla Chiesa. Ci si rende conto che l’ideale teologico del matrimonio che è stato presentato dalla Chiesa, tuttavia è troppo astratto, lontano dalle situazioni. Dunque, suggeriscono i vescovi, la cura pastorale dovrà seguire percorsi nuovi, attenti alle nuove situazioni in cui si trovano i battezzati, alle dolorose ferite e alle fragilità che sempre più spesso segnano i legami che essi contraggono. È necessario guardare alle vicende esistenziali concrete senza giudizi immediati, condanne, esclusioni, con un responsabile discernimento della complessità delle diverse situazioni. “Nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo!” (AL 297) I vescovi riprendendo le parole dell’Evangelii Gaudium ribadiscono l’urgenza da parte di tutta la Chiesa di imparare l’arte dell’accompagnamento. Una prima parola chiave degli Orientamenti pastorali è dunque accompagnare cioè accogliere ed invitare ad un cammino che si estende nel tempo, che ha il carattere della gradualità, che tende verso una maturazione personale e che implica di conseguenza anche il desiderio da parte di quei fedeli che vivono situazioni complesse di lasciarsi accostare con fiducia da persone a questo formate. L’accompagnamento è rivolto a coloro che hanno stretto un vincolo solo civile, o che sono conviventi, a quegli sposi che rimanendo integri nella scelta coniugale vivono difficoltà di relazioni e contano sull’aiuto della Chiesa per superare eventuali crisi matrimoniali, a coloro che sono separati e divorziati a causa di un abbandono ingiusto, ai coniugi che pur separati non hanno intrapreso una nuova unione.

L’accompagnamento implica anche il prendersi cura dei divorziati risposati e dei loro figli, con la consapevolezza che tale impegno non è un indebolimento circa l’indissolubilità del matrimonio ma un vero e proprio esercizio dell’amore misericordioso, cuore del Vangelo. L’accompagnamento deve favorire il discernimento. Discernere è la seconda parola chiave del documento. Si tratta di ricercare la volontà di Dio nelle concrete situazioni di vita per conformarsi ad essa. Il discernimento pastorale è un compito che spetta a vescovi e presbiteri e implica non solo il colloquio ma anche il sacramento della confessione. Occorrono umiltà, riservatezza e amore alla Chiesa e al suo insegnamento per evitare messaggi sbagliati e favorire l’individualismo pastorale dei sacerdoti e il soggettivismo dei fedeli. Il discernimento tende a cogliere le peculiarità, le differenze delle diverse situazioni prendendo in esame l’insieme delle circostanze oggettive e soggettive mettendole in rapporto con l’insegnamento della Chiesa. Il discernimento personale viene invece esercitato in prima persona dal fedele quando deve prendere una decisione in una particolare situazione. Tuttavia, i condizionamenti e le circostanze concrete dell’agire possono attenuare o togliere la colpa morale. Un soggetto si potrebbe trovare in una situazione che non gli consenta di agire diversamente. Anche le conseguenze degli atti compiuti non sono necessariamente le stesse in tutti i casi. In alcune circostanze si può essere in grazia di Dio anche se si dà una situazione oggettiva di disordine morale. I vescovi nei loro Orientamenti si sono attenuti a quanto collegialmente è emerso dai due Sinodi sulla famiglia e che è stato riassunto dal papa nella sua Esortazione nella quale si afferma chiaramente che “non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivono in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante”. “In alcune circostanze, pertanto, riguardanti i divorziati risposati, secondo la valutazione del confessore e tenendo conto del bene del penitente, è possibile assolvere e ammettere all’Eucaristia, anche se il confessore sa che si tratta per la Chiesa di un disordine oggettivo”. “L’Eucaristia, sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli” (EG 47). Si deduce da tutto ciò che il discernimento non è un atto istantaneo e non può dunque risolversi (come sovente accade) nella richiesta di accesso ai sacramenti in occasioni particolari.

L’accompagnamento e il discernimento, inoltre, possono e devono condurre alla verifica della validità del vincolo sacramentale per un’eventuale dichiarazione di nullità. L’ultima parola chiave che i vescovi siciliani donano come impegno e compitoa tutte le parrocchie è integrare. È forse l’azione più importante nei riguardi di tutti quei cristiani che a causa del fallimento del loro patto matrimoniale vivono situazioni di fragilità e si sentono discriminati ed emarginati. Integrare significa superare alcune delle diverse forme di esclusione attualmente praticate all’interno della Comunità cristianain ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale. I battezzati che sono divorziati e risposati civilmente non solo non devono sentirsi scomunicati ma possono vivere come membra vive della Chiesa, sentendola come madre che li accoglie e li incoraggia. Anch’essi sono chiamati ad impiegare bene i loro talenti per l’edificazione del Regno di Dio nella città degli uomini.

bottom of page