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Accogliere migranti e rifugiati L’imperativo di papa Francesco

Sin dall’inizio del suo magistero, con il significativo viaggio a Lampedusa, papa Francesco non ha mai smesso di leggere i “segni dei tempi” esortando i cristiani e gli uomini di buona volontà a mostrare apertura e vicinanza agli uomini e alle donne che lasciano i loro paesi per guerre, persecuzioni, carestie, disastri ambientali o “semplice” povertà.Il Santo Padre, riprendendo il suo stesso discorso ai partecipanti al Forum Internazionale “Migrazioni e pace” del 21 febbraio 2017, per la giornata del rifugiato 2018 ha proposto i quattro pilastri di un approccio evangelico al tema: accoglienza, protezione, promozione e integrazione di migranti e rifugiati.

Accogliere significa trovare canali sicuri di ingresso per quanti vivono situazioni di grande pericolo, implementando visti umanitari e per ricongiungimento familiare. Inoltre auspica maggiori iniziative pubblico-private per creare canali umanitari, affinché intere famiglie in fuga non siano lasciate in mano ad organizzazioni senza scrupoli. È un chiaro riferimento ad iniziative di grande valore come quella promossa dalla Tavola Valdese e dalla Comunità di Sant’Egidio per far arrivare in condizioni di sicurezza famiglie siriane in fuga prelevate negli enormi campi profughi presenti in Libano. “Non sono una idonea soluzione – scrive il vescovo di Roma – le espulsioni collettive e arbitrarie di migranti e rifugiati, soprattutto quando esse vengono eseguite verso paesi che non possono garantire il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali”. Il Papa ha sottolineato, inoltre, come l’accoglienza “diffusa” sia la via maestra come pratica concreta di azione per gli stessi migranti e rifugiati, ma anche per le comunità che accolgono.

Proteggere è il secondo imperativo che si concretizza offrendo ai migranti e ai rifugiati alcuni diritti di base e mettendoli nelle condizioni di poter contribuire in tempi ragionevoli alla vita economica del paese ospitante, permettendogli di lavorare invece che lasciarli ai margini. Nel caso dei minori stranieri non accompagnati raccomanda adeguati programmi di custodia temporanea o affidamento, garantendo una permanenza regolare al compimento della maggiore età per non interrompere i progetti di integrazione intrapresi.

Promuovere vuol dire essenzialmente adoperarsi affinché tutti i migranti e i rifugiati così come le comunità che li accolgono siano messi in condizione di realizzarsi come persone in tutte le dimensioni che compongono l’umanità voluta dal Creatore. Per tutti, autoctoni e migranti, vale nel solco della consolidata dottrina sociale della Chiesa l’idea dello sviluppo integrale della persona. In tal senso promuovere i rifugiati e i migranti significa aiutarli a far emergere le loro potenzialità pienamente.

Integrare significa soprattutto apertura reciproca per innescare processi interculturali capaci di incontrare davvero l’altro, imparando a conoscerlo, oltre gli stereotipi. Il Pontefice credo usi consapevolmente il concetto di “arricchimento interculturale”, perché guarda alla contaminazione reciproca come ad un processo fecondo. Integrare significa dare opportunità adeguate a rifugiati e migranti negli ambiti della formazione e del lavoro consapevoli del contributo socio-economico e culturale che possono dare, ma anche cogliere ogni occasione utile a conoscere usi, costumi e tradizioni religiose per superare pregiudizi e paure. Ogni strumento usato in questa direzione – dai quotidiani rapporti di vicinato agli eventi sportivi, dalle marce per promuovere solidarietà e pace ai convegni promossi su queste tematiche, dalle cerimonie interreligiose ai momenti di confronto nelle scuole e università, dalle lotte comuni per i dirittidei lavoratori e delle lavoratrici alle esperienze di volontariato intrecciando i valori di fratellanza universale – è utile nel costruire una società fondata sull’apertura e il rispetto al posto della paura e della diffidenza reciproca.


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