Il testamento biologico: uno sguardo alla normativa
Uno degli ultimi provvedimenti del Parlamento, prima della fine della Legislatura, è stato l’approvazione definitiva della legge sul Testamento Biologico. Si tratta di una serie di disposizioni concernenti il consenso informato che il paziente rilascia al medico per essere, o meno, sottoposto ai trattamenti sanitari. In altre parole, attraverso questa legge si è riconosciuto al paziente il diritto di disporre, anticipatamente e in previsione di una sua incapacità a comunicare, della propria vita attraverso la possibilità di rifiutare o di interrompere in ogni momento qualsiasi trattamento sanitario o esame diagnostico suggerito dal medico. Tra i trattamenti sanitari che il soggetto può rifiutare, con le sue conseguenze, vi sono anche quelli relativi alla nutrizione e alla idratazione artificiali somministrati attraverso apparecchiature mediche. Inoltre si prevede da un lato che il medico debba astenersi dal porre in essere irragionevolmente sul paziente cure o trattamenti inutili e sproporzionati ma che debba comunque alleviare le sue sofferenze attraverso la terapia del dolore e le cure palliative e, dall’altro che il paziente non possa esigere dal medico trattamenti sanitari contrari alla legge o alla deontologia professionale. Possono far ricorso a questa normativa i soggetti maggiorenni capaci di intendere e volere mentre per quanto riguarda i minorenni e gli incapaci il consenso informato è espresso dai genitori o dai tutori sempre dopo che comunque il soggetto abbia ricevuto le dovute informazioni e abbia dichiarato la sua volontà.
Detto ciò non si può non rilevare come il testo di legge presenti alcune lacune o lasci aperti alcuni dubbi di non poco conto relativi a pratiche vietate nel nostro ordinamento come l’eutanasia attiva (morte provocata in strutture mediche attraverso la somministrazione letale di farmaci). Un punto assai controverso e problematico riguarda il carattere vincolante delle disposizioni anticipate di trattamento sia nei confronti della struttura ospedaliera pubblica o privata, anche religiosa, sia del medico per il quale non è prevista l’obiezione di coscienza. E’ poco chiaro per quale motivo su una materia così delicata tutto ciò non sia stato previsto a differenza di quanto è accaduto nel passato ad esempio con l’introduzione della legge sull’aborto. Sarebbe ingiusto parlare di “legge di civiltà”se ad essere tutelata è solo la volontà e l’autodeterminazione della persona/paziente, così come la Costituzione vuole, e non anche della persona/medico. L’aver introdotto questa legge non si può considerare del tutto negativo anche perché tante sono state, nei decenni, le discussioni e diverse le storie personali che hanno scosso l’opinione pubblica (di recente il caso Welby e quello di Eluana Englaro) e un legislatore attento non può voltarsi dall’altro lato o lasciare che altri, come la Magistratura, risolvano in modi diversi la questione ma, di certo, sarà necessario nel prossimo futuro rimettere mano alla normativa per chiarire punti controversi e per colmare lacune come quelle evidenziate, dimostrando così che le leggi e il diritto in generale, bilanciando i molteplici interessi e tutelando tutti, restano, per l’oggi e l’avvenire, al “servizio” di ognuno.