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Un giovane barcellonese da Mosca

Comprendere la Russia non sarebbe stato semplice: me ne resi conto ben presto quando, alla fine del 2014, atterrai a Mosca. Avevo con me due grandi valigie, un cappello felpato e un contratto di missione in Russia, della durata di 3 anni, da poco firmato con un’azienda italiana.

Sulla Russia e su Mosca avevo cercato di documentarmi, tentai persino di memorizzare e pronunciare alcune parole o frasi elementari in lingua russa: Grazie/Spasibo; Arrivederci/Dasvidania; vengo dall’Italia e non parlo russo/Ià is Itàli i nie gavariu poruski. Una frase di Winston Churchill mi aveva colpito in special modo: “La Russia è un rebus, avvolto in un mistero, che sta dentro a un’ enigma”. Tutto un programma. Sono passati più di tre anni da quel 26 novembre 2014 e da 12 mesi, inoltre, non lavoro più per quella azienda italiana ma continuo a vivere a Mosca e a passeggiare spesso nel suo luogo più famoso, la Piazza Rossa.

Comprendere, e ancor di più spiegare la Russia, è un’impresa non semplice per me. In Russia - che è il Paese più grande del mondo dove vivono circa 144 milioni di persone, con 11 fusi orari e dove una donna genera, in media, 1.8 bambini, le contraddizioni e i forti contrasti convivono in una sorta di quiete cosmica. L’inverno è lungo, buio ed ostile (il termometro può scendere fino a -40 gradi) ma le giornate dei mesi estivi sono tra le più lunghe e luminose al mondo. D’estate si può persino soffrire il caldo.

I russi, descritti a ragione come un po’ freddi e dai modi schivi e riservati, sono capaci di livelli insuperabili di generosità. I tratti principali dell’uomo russo sono noti: imperturbabilità, imperscrutabilità, mascolinità, forte legame verso la Patria. Eppure in svariati gesti quotidiani si tocca con mano il senso di precarietà e di incertezza. Il retaggio dell’epoca sovietica - vissuta all’insegna del rigido controllo, dei valori supremi del silenzio e dell’obbedienza - sono infatti tuttora vivi. Ad una certa inclinazione verso l’ostentazione di marchi e di opulenza e la voglia di essere sempre di tendenza, si accompagnano una tradizione e una prolificità culturale di valore globale. La Russia ha dato i natali a personalità eccellenti in diverse discipline: letteratura, musica, danza e ginnastica, fisica, matematica, informatica. I teatri sono frequentati tanto quanto il cinema e i centri di formazione giovanile alle arti sono molto sostenute dal Governo.

E la religiosità, la spiritualità? Sono anch’esse aggredite dal consumismo spinto dal relativismo odierno? Dati il mio punto di vista e la mia esperienza, il Paese presenta senz’altro delle ambivalenze. Tanto per ragioni storiche quanto contingenti. Stalin non riuscì ad eliminare il senso del sacro. Sebbene moltissime chiese siano state abbattute in quegli anni e la quasi totalità degli uomini religiosi ridotta al silenzio, la società ha mantenuto nei decenni voglia di spiritualità, profonda ed espressa. In qualsiasi ora del giorno, entrando nelle chiese ortodosse sparse per le città, si incontrano persone di ogni età raccolte devotamente in preghiera. Il battesimo e la costituzione della famiglia sono momenti fondamentali per i russi. Eppure, a fronte di tutto ciò, la Russia non sfugge alle tenaglie dell’ateismo, dell’indifferenza, dell’individualismo, a vite vissute troppo spesso secondo la “religione digitale”. Per questo motivo, il linguaggio della politica e della Chiesa ortodossa sono più che mai intrisi di rimandi ai valori ontologici ultimi, alla necessità di spiritualità.

Le sfide che la società russa ha davanti non sono assai diverse da quelle del cosiddetto mondo occidentale e la mia sensazione è che le risposte e le contromisure a tali sfide - tanto da parte della Chiesa Ortodossa quanto da parte della politica del Presidente Putin, possano essere coerenti con quelle della Chiesa di Roma. Non è un caso che le occasioni di dialogo e di incontro continuino a crescere. E, speriamo, a dare frutti per uno mondo migliore.


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