Un inno all’amore D’Avenia scrive
Racconta Ovidio, nelle Metamorfosi, che il mitico poeta Orfeo , affranto per la morte della moglie Euridice, non esitò a scendere nell’oltretomba per piegare, col suo canto, le inflessibili leggi degli dei inferi. Ci riuscì: ottenne di riportarla alla luce, purchè non si fosse girato a guardarla, ma non ci riuscì ed Euridice fu ricacciata tra le ombre. Parte da questo mito, forse la più struggente storia d’amore di tutti i tempi, Alessandro D’Avenia , per la sua ultima fatica, Ogni storia è una storia d’amore, edito da Mondadori.
Un mito-paradigma che consente allo scrittore, da un lato, di coniugare il verbo amare in modi e tempi diversi, dall’altro, di tenere insieme, come un filo, le trentasei storie d’amore raccontate. Trentasei storie di donne innamorate di uomini famosi, registi, artisti, poeti del passato e del presente, italiani e stranieri. Scandaglia lo scrittore il sentimento dell’amore, per farne emergere le complessità, le ambiguità, la forza e anche la crudeltà.
C’è l’amore totale di Giulietta Masina per Federico Fellini. Un infermiere dell’ospedale dove lei era ricoverata racconta che un giorno trovò la sua camera vuota: erano fuggiti dalle rispettive cure mediche ed erano andati a celebrare i loro cinquant’anni di matrimonio come due fidanzati, in un ristorante vicino a Porta Pia. Il giorno dopo lui potè morire tranquillo e lei lo seguì dopo cinque mesi. C’è l’amore della sceneggiatrice Alma per Alfred Hitchock. Lei fu per lui ”montatrice, sceneggiatrice, madre di sua figlia, e cuoca”, come ebbe ad ammettere il regista, quando le dedicò il premio alla carriera dell’America film Institute. C’è l’amore drammatico del pittore Amedeo Modigliani per Jeanne. Il pittore ebbe tante modelle per i suoi quadri, ma fu solo la moglie il suo sogno, quella che ritrasse con gli occhi, neri, e non azzurri come quelli di lei, perché le aveva rapito gli occhi e le aveva messo i suoi. Ma c’è anche l’amore geloso di Antonietta Portulano per Pirandello e l’amore coraggioso di Olga per Ezra Pound...
Lo scrittore, con penna felice e commossa, si cala nell’animo femminile per rappresentarne le pene, i sogni, i turbamenti. Ne vengono fuori spaccati di vita privata: le eroine sono le donne, mentre i loro più famosi compagni sono messi in secondo piano, ridimensionati al rango di uomini, limitati, malati, feriti… incapaci spesso, come Orfeo, di superare il loro egoismo, il “disamore”. Il filosofo Kierkegaard rinunciò all’amore “felice” per Regine , per non uscire dalla sua angoscia, indispensabile alla sua filosofia; lo scrittore russo Dostoyesky si giocò alla roulette persino l’anello del matrimonio. In tutti i casi, le donne sono Muse ispiratrici: non ci sarebbero stati Il Ciclo di Aspasia e la nuova poetica leopardiana senza l’amore non corrisposto di Leopardi per Fanny, i racconti di Raymond Carver senza Tess, la musica di Johan Sebastian Bach senza Anna Magdalena, la poesia di Pavese senza Constance.
Ma le donne sono soprattutto potenziali occasioni di “salvezza” “dal conto dei giorni e dalla scatola del mondo”. Perché gli esseri umani, dice sempre Ovidio, sono tali perché hanno il viso rivolto verso il firmamento e solo nella volta del cielo, aggiunge D’Avenia, scoprono la loro essenza divina. L’amore rappresenta proprio il bisogno di uscire da noi stessi, l’estasi che cerchiamo per redimerci dalla nostra fragilità e cogliere l’infinito.
Un inno all’amore, il libro di D’Avenia, all’ ”amore vero”, lontano sia da quello romantico, caricato di aspettative impossibili da soddisfare, sia dall’amore cinico, che asserve l’altro al nostro ego. L’amore vero è quello che prima di tutti le donne conoscono. Ecco perchè il libro è dedicato alle donne: perché più degli uomini sperimentano che amore significa dare la vita a un altro, mettere da parte l’egoismo, ed essere disposti a morire per la persona amata. Un amore laico e terreno quello di cui ci parla, ma che vibra della scintilla dell’infinito, di Dio che è la fontana di tutto l’amore. Il mito di Orfeo ed Euridice si chiude in maniera significativa: i due si ritrovano nei campi dell’aldilà. Passeggiano e non hanno più paura di perdersi o di guardarsi. In virtù dell’amore si sono trasformati, in creature vive, beate, si sono “insemprate”, scavalcando la mortalità e attingendo a una vita altra.