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Il Dio crocifisso

La passione di Gesù rimane, per i discepoli di allora e di sempre, il fatto più sconcertante, il primo interrogativo cui bisognava trovare una risposta, anche (e principalmente !) dopo la resurrezione. Nella liturgia della Settimana Santa, la Chiesa ci fa leggere il racconto della passione per esteso perché dal punto di vista pastorale possiamo averne una migliore visione d'insieme. I cap.14 e 15 del Vangelo di Marco costituiscono l'unità letteraria più estesa e antica che l'opera ci conserva, in funzione della quale è stato scritto il Vangelo stesso. Il racconto della passione infatti rappresenta il cuore della primitiva tradizione cristiana, che per primo è giunto sotto forma di narrazione. I due capitoli lasciano infatti intravedere in modo chiaro un racconto ben strutturato che per primo era andato formandosi nella primitiva tradizione. Da una attenta lettura del testo si può infatti rilevare la centralità del racconto fino al punto da far intendere che il Vangelo è “una storia della passione preceduta da una lunga introduzione” cit.), che tutti i capitoli che precedono sono solo una grande preparazione a questo momento, come evento culminante dell'intera esistenza di Gesù. Marco, fin dal principio, introduce la passione e la morte di Gesù come conseguenza e conclusione del suo ministero pubblico. In tutto il racconto precedente appare subito chiaro che Gesù entra in conflitto con i capi religiosi d'Israele a causa del messaggio di liberazione del Vangelo che egli annuncia e vive, provocando così una rottura netta e inconciliabile con i criteri religiosi dominanti e lo stile di vita che i suoi avversari sostengono.

Gesù deve necessariamente morire e morire di una morte infamante che lo squalifichi agli occhi del popolo e degli stessi discepoli. La croce è lo scandalo finale che attende Gesù e quanti vogliono seguirlo. Infatti l'evangelista vuole provocare i suoi lettori allo scandalo di un Dio crocifisso, a questo punta tutto il suo racconto. Il suo intento è mostrare che il Messia, il Figlio di Dio che è stato glorificato nella resurrezione, è Gesù-servo-crocifisso, e non c'è altra via alla vita che quella della croce. Sulla croce si palesa in pienezza il volto di Dio, un Dio diverso, un Dio che manifesta fino alla fine la sua passione d'amore per l'uomo: la croce è la rivelazione della Verità stessa di Dio che è Amore. “Nel Vangelo di Marco la Gloria di Dio non si manifesta nello splendore di una trascendenza schiacciante, ma nell'ignominia della sua assoluta impotenza: solo nella sua morte, non prima, l'uomo può riconoscere Gesù nella sua realtà di Figlio di Dio”. Oltre Gesù, intorno alla cui persona gravita tutto il Passio, ci sono tante altre figure (i discepoli, Pietro, il popolo, Pilato, i sacerdoti, gli anziani ecc.). Esse non fanno da semplice contorno, sono piuttosto le ombre di una umanità cieca, gli elementi negativi nei quali facilmente tutti possiamo riconoscerci, così lontani come siamo dall'essere anche solo un debole riflesso della luce di Cristo. L'esclamazione del centurione è l'apice di tutto il Vangelo di Marco, che riassume in sé tutta la contraddittorietà di un Dio crocifisso che si consegna alla morte per amore e che permette di riconoscerlo nella sua realtà solo sulla croce, non prima: “Ecco il nostro Dio!”. Questo è scandalo per ogni persona religiosa e follia per ogni persona di buon senso, come afferma San Paolo (1Cor 1,23), è il grande mistero che siamo chiamati ad accogliere, la rivelazione sconvolgente che ha scandalizzato i primi discepoli e coglie di sorpresa anche noi. “Questo cammino non è quello della trascendenza, quello del vecchio Adamo che voleva essere simile a Dio fuggendo dalla sua condizione umana: è il cammino della condiscendenza, la via della solidarietà e dell'umiliazione, nel quale l'uomo scopre nella propria umanità la sua verità, e Dio gli viene incontro”.

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