La fede oggi insignificanza o valore?
In tante martoriate terre essere cristiani oggi è, esattamente come per i credenti della prima ora, un mettere a rischio la propria incolumità, essere perseguitati, torturati, uccisi. Per noi occidentali, in gran parte cristiani tiepidi e insipidi in questa società del terzo millennio che crede di aver raggiunto la maturità e di essersi finalmente liberata dal peso della genitorialità di Dio, narcotizzati dal benessere, dal consumismo estremo, dal materialismo, dall’edonismo, dalla dipendenza tecnologica, ritrovarsi la Domenica come membri della Comunità del Signore risorto, per spezzare il pane della Parola e dell’Eucaristia, è invece diventato quasi un optional di cui spesso si fa a meno. Basta guardare le assemblee domenicali per rendersi conto degli striminziti numeri di coloro che comunemente chiamiamo cristiani praticanti. Essi diminuiscono sempre più mentre cresce la massa di quei battezzati che la Domenica si mette pazientemente in marcia verso i centri commerciali, nuovi pantheon della post-modernità.
Eppure malgrado questo ingozzarsi di “cose” le donne e gli uomini di oggi sperimentano il vuoto esistenziale, l’angoscia, l’incapacità di pensare con speranza al futuro. Vivono nel “villaggio globale” e si sentono soli e spaesati. Eternamente interconnessi eppure scollegati con gli altri, incapaci di vera comunicazione e di relazioni autentiche. Il progresso tecnico e scientifico non ha dato il benessere e la felicità promessi. In una società simile e per l’umano che l’abita ha ancora valore la fede cristiana? Ha senso parlare ancora di salvezza?
È vero che tanti considerano Dio un ostacolo alla loro libertà, si dichiarano apertamente agnostici, indifferenti, atei; altri ancora credono di avergli dato il libello di ripudio sbattezzandosi, richiedendo cioè espressamente di essere cancellati dal registro dei battesimi della propria parrocchia di appartenenza. Eppure c’è ancora tanta sete di religiosità, bisogno di riempire il vuoto esistenziale e di ascoltare una parola che possa dare senso al proprio vivere ed esistere.
Anche le giovani generazioni oggi ritenute “incredule” poiché è venuta meno la trasmissione di quel patrimonio di valori e di tradizioni spirituali che nel passato, in regime di cristianità, si riceveva in famiglia, vagano, spesso inconsapevolmente, alla ricerca di adulti credibili che possano accompagnarli nella ricerca di senso. La fede in Gesù può essere e di fatto è ancora oggi la risposta alle attese dell’uomo, al suo bisogno di trascendenza, alla sua ricerca di liberazione totale. La fede è dono ma anche impegno; essa è incontro con la persona di Gesù, è risposta ad una chiamata e dunque nasce dall’ascolto. È Dio che parla al cuore dei singoli e nel Figlio, il Salvatore, li chiama ad un patto di condivisione di vita. “Ecco: io sto alla porta e busso. Se uno, udendo la mia voce, mi aprirà la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me”(Ap 3,20). Nelle acque del battesimo inizia il percorso di questa totale unione con Dio che per noi ha il nome di Trinità.
Tutto ciò avviene nella Comunità dei discepoli del Cristo: la Chiesa. Il problema è che spesso, purtroppo, i cristiani (soprattutto coloro che hanno responsabilità: vescovi, preti, operatori pastorali) sono incapaci di attrarre gli altri a Cristo con una proposta che abbia il colore e il sapore dell’autenticità. Sono il volto di una Chiesa che delude, che non ha più nulla da dire perché ha smesso di seguire il Maestro. Molti ancora oggi chiedono: “Maestro dove abiti?” e Gesù ancora risponde: “Venite e vedrete!“ ma andando, spesso rimangono delusi perché non trovano i testimoni del Risorto, uomini e donne trasformati dall’incontro con Cristo, luminosi, accoglienti, gioiosi, coraggiosi contro le ingiustizie. Trovano invece individui centrati su se stessi, sedotti dal potere, che si conformano in tutto alla mentalità volgare e materialista del mondo, incapaci di ascolto, avari e pigri, guide cieche, “gente di poca fede”. Quando invece gli uomini e le donne del nostro tempo che sono alla ricerca di Dio, incontrano autentici testimoni del Vangelo, essi si lasciano coinvolgere, la proposta di Gesù diventa attraente, poiché incarnata in un volto che irradia la luce di Cristo, in mani che toccano la carne del povero, che lavorano per la pace e per la giustizia, che accolgono e benedicono, che si impegnano per la costruzione del Regno di Dio che ricordiamolo è già operante in mezzo a noi ma non è la Chiesa, è Cristo stesso. Il fatto che la Chiesa oggi sia un “piccolo resto”, un piccolo gregge, non deve spaventare, anzi può essere una chance, un’opportunità. Molto realisticamente c’è la consapevolezza che grano e zizzania convivono insieme nella Chiesa di tutti i tempi ma ciò che si desidera è che la Chiesa delineata dal Concilio Vaticano II trovi la sua piena realizzazione. Una Chiesa popolo di Dio, più aperta al mondo, più casa di tutti, capace di farsi carico della speranza degli uomini di oggi, nella vigna del Signore che è questa nostra società postmoderna, in modo da poter rispondere affermativamente alla domanda di Gesù: “Ma il Figlio dell’Uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8).