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La missione popolare Un evento di grazia


“Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3, 20). Questo è il versetto che ha dato origine alla Missione Popolare che si è svolta nell’arco temporale di 21 giorni presso la parrocchia di S. Maria Assunta in Pozzo di Gotto. Un versetto che vale la pena approfondire soprattutto alla luce dell’esperienza fatta “in campo”.

In questo versetto si esprime tutta la delicata Onnipotenza del Dio-fatto-uomo che non si stanca di andare a cercare chi per varie vicissitudini si è allontanato da Lui, o dalla comunità parrocchiale che nel Suo nome continua a radunarsi, a spezzare il pane della Parola e il pane Eucaristico. “Sto alla porta” mette in evidenza non un passaggio casuale, ma uno stare in attesa paziente sperando in un esito positivo ed in una apertura di porta e quindi di cuore. “Busso” esprime una azione che Dio stesso compie, un mettersi sempre in moto per primo; è ben diverso che dire “Mi trovo di passaggio e se trovo la porta aperta, o socchiusa, o se ti trovo sull’uscio di casa mi fermo e mi intrattengo con te”. C’è interesse! C’è tutto l’interesse che da sempre ha caratterizzato l’agire di Dio e la conseguente storia della Salvezza. In quel “se” continua a manifestarsi il rispetto per il nostro libero arbitrio, il rispetto per quella immagine somigliante dotata di libertà, intelligenza e volontà, che nemmeno il peccato d’origine ha potuto cancellare definitivamente. Anche la scelta del verbo “ascoltare” non è casuale: sono tanti i rumori che si percepiscono naturalmente durante la giornata, ma per poter “aprire una porta” non è sufficiente sentire; occorre ascoltare, riconoscere la voce e decidersi per l’accoglienza.

Questo è quello che è successo presso la porta di molta gente che aspettava solo di ascoltare e riconoscere nella visita dei missionari la visita del Signore Gesù che passa, si ferma con interesse, bussa sempre e non si stanca di attendere l’occasione propizia per dimostrarci la Sua concreta vicinanza all’interno degli spazi più o meno angusti della nostra quotidianità. Sorrisi e lacrime, gioie e dolori, incredulità e stupore, sono il mix di sentimenti che hanno accompagnato le nostre visite e tanta Grazia è stata seminata per le vie dei quartieri Massalini, Bartolella, S. Anna e Pizzo Castello, Via Kennedy, Via Papa Giovanni XXIII e Via Garibaldi. Ma per tante porte che si sono aperte, anzi spalancate, diverse altre sono rimaste chiuse, sprangate; altre si sono leggermente dischiuse, ma solo per qualche istante per poi ammettere che non c’era nessun interesse a ricevere una “visita” non richiesta.

Forse in alcuni momenti l’amarezza avrà anche fatto capolino nel cuore dei 13 missionari (6 sacerdoti, 3 suore e 4 ragazzi in discernimento vocazionale) che si sono avvicendati a Pozzo di Gotto, la stessa amarezza sperimentata dagli Apostoli e raccontata nel Vangelo di Luca quando in risposta alla mancata accoglienza di Gesù presso un villaggio di Samaritani avrebbero voluto infliggere una esemplare punizione: “Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?” (Cfr Lc 9,51-56). Ma il cuore del discepolo di Gesù non ha posto per l’amarezza; ha piuttosto un posto speciale per la gioia che scaturisce dalla consapevolezza che l’amore e la pazienza di Dio non si esauriscono al primo rifiuto; la gioia del discepolo riposa sulla certezza che Egli sta, e continua a stare stabilmente e discretamente, dietro la porta di ciascuno di noi, bussa senza stancarsi nell’attesa di essere riconosciuto e di vedere la porta spalancata. Solo allora la festa potrà iniziare e sarà gioia piena. Nel frattempo: vieni Signore Gesù, metti ancora a frutto la tua creatività e il tuo ingegno per non smettere di stupirci con le tue visite, almeno fino a quando non ci avrai tutti “a cena con Te”.


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