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La tempesta sedata Tra paura e fede, un invito a sperare

Tutto il cap. 4 del Vangelo di Marco ha come tema dominante il Regno di Dio ed il suo sviluppo, espresso sotto forma di parabole o di detti. Già all'inizio del capitolo Gesù si trova sulla barca da dove narra a coloro che lo seguono le parabole del seminatore e del granellino di senape. Il brano della tempesta sedata, dal contesto e dal contenuto, è anch'esso una parabola in atto, una esplicita provocazione di fede da parte di Gesù nei confronti dei suoi discepoli che vengono messi alla prova per verificare se, nella vita concreta di ogni giorno, hanno compreso la Parola che hanno ascoltato. Gesù ha già proclamato loro che il Regno di Dio non è più riservato ad un solo popolo, ad una sola nazione, ad una sola religione, ma è aperto a tutta l'umanità, anche ai pagani, simboleggiati dagli uccelli e, all'ombra di questo Regno, anche i pagani possono “piantare la tenda” (kataskenoùn). E' la ragione per la quale Gesù li spinge a passare all'altra riva, ad andare cioè in terra pagana, svelando progressivamente il volto

di un Dio che sbalordisce e suscita resistenze. Perché il Regno appartiene a Dio, e Dio è Padre di tutti anche dei pagani. Dicono gli esperti che: “di Dio” è un "genitivo esplicativo", che vuol dire che Dio e Regno si identificano. La barca, che accoglie Gesù e i discepoli, è stata intesa dai Padri come il simbolo della Chiesa, e il mare e la notte come i simboli delle potenze diaboliche, i mostri mortali che Gesù esorcizza e vince. Avere fede significa avere una fiducia illimitata in Gesù, avere la capacità di riconoscere in Lui la presenza del Padre, avere il coraggio di affidarsi totalmente nelle sue mani, anche quando sembra che non vi sia più scampo. L'esito purtroppo è negativo: i discepoli non hanno capito proprio nulla! L'episodio, paradigmatico per la vita della Chiesa e dei cristiani, ci insegna che tutte le tempeste e le paure affondano le loro radici nella nostra ottusità e nella mancanza di fede.

Di fronte alle difficoltà della vita siamo in preda a forze che non dipendono da noi, come una barca in balia del vento, sballottata da onde che minacciano di sommergerla. Per di più Gesù dorme (simbolo della sua morte e dell'apparente assenza di Dio) e il suo silenzio amplifica le nostre paure. Questa è la vera ragione per cui affondiamo, ma in realtà a dormire è solo la nostra fede. La paura della morte, del futuro, del diverso... ci paralizzano e rendono la nostra vita un autentico inferno. Paura e Fede sono inconciliabili. Il brano invece è un accorato appello alla fiducia, un messaggio di sicura speranza proprio in mezzo alle tempeste.

Le nostre paure nascono dal non avere ancora conosciuto Gesù, dal non avere capito “chi è costui” (v. 41).


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