“Non abbiate paura!” Le basi per un nuovo rinascimento
Il 22 Ottobre 1978, in una piazza San Pietro gremita, iniziava con una solenne Concelebrazione Eucaristica il pontificato di Giovanni Paolo II. Della sua omelia, trasmessa in mondovisione, sono rimaste nella memoria collettiva queste parole cariche ancora oggi della voce forte e vibrante del papa, oggi Santo, venuto da un Paese lontano: "Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura!". Da quel momento i libri di storia raccontano di un susseguirsi di eventi che portarono, nel giro di appena un decennio, alla caduta del Muro di Berlino, alla fine della Guerra Fredda e della contrapposizione tra blocco occidentale e blocco orientale, all'aprirsi degli Stati verso una maggiore collaborazione e integrazione in ambito economico e commerciale, oltre che politico, all'affermarsi e al concretizzarsi dell'idea di una vera Europa Unita, casa comune di tutti i popoli e di tutte le culture del vecchio continente.
Quarant’anni dopo quel profetico intervento del pontefice polacco, nell'epoca della globalizzazione, tutto quello che si era faticosamente costruito dalle macerie di due guerre mondiali sembra dissolversi in una grande bolla di sapone: assistiamo all'elevazione di nuovi muri dai confini USA-Messico all'Ungheria, alla nuova introduzione di dazi commerciali, alle lotte economiche tra le super Potenze, allo sgretolarsi dell'Europa sotto i colpi ora della Brexit, ora della speculazione finanziaria, ora della fobia per l' "invasione" degli stranieri. Assistiamo anche in casa nostra, nel nostro Paese, nella nostra Città, quasi inermi e gelidi in quella che Papa Francesco chiama la "cultura dell'indifferenza", alla restaurazione di beceri nazionalismi fautori dell'inasprirsi dei rapporti tra Stati e anche tra le persone protese in una caccia volta ad annientare il diverso o colui che non la pensa come la massa vorrebbe.
É come se l'uomo evoluto, social, acculturato, viaggiatore del nostro tempo avesse smarrito la strada, perso la bussola, sia diventato sordo e cieco, incapace di aprire gli occhi sulla realtà e di formulare un pensiero critico sul contesto che lo circonda.
Da sempre però i più grandi pensatori, filosofi e letterati della storia umana si sono sforzati di dire che non è chiudendo porte e innalzando steccati che si risolvono le questioni anche più delicate ma che la forza e la grandezza dell'essere umano sta nell'unire le forze, nel dialogo, nell'affrontare insieme i momenti di crisi esaltando ciò che unisce e non ciò che divide.
Non diverso é il messaggio di Gesù Cristo che deve scuotere nel profondo noi cristiani un po' tiepidi del terzo millennio: oggi, in questa domenica, il Maestro ci invita proprio a spezzare quel poco che abbiamo, quei cinque pani e due pesci, con chi ci è accanto, con il nostro prossimo senza chiedere nulla in cambio.
Guardando a Lui ripartiamo, ricominciamo a credere in un mondo migliore: ognuno si senta chiamato e impegnato, secondo le proprie forze e secondo il proprio piccolo ruolo, in quest'opera di ricostruzione culturale per una società più umana, più giusta, più fatta ad immagine e somiglianza di Colui che l'ha creata e che - come ci siamo sforzati in semplicità di far capire ai piccoli che hanno partecipato in questo mese di luglio alle attività dell’oratorio estivo - l'ha posta a custodia di tutto il Creato.