Appunti sulla partecipazione: giovani che si impegnano
I dati che spesso ci vengono presentati riguardo i giovani e la loro partecipazione attiva nella vita del Paese mostrano un contesto a dir poco disastroso: tassi di disoccupazione alle stelle, sfiducia nei confronti della politica, rassegnazione verso il futuro e disagio nel vivere il presente… sembra che non siamo capaci di credere più in niente e a nessuno.
Le statistiche però sono un’arma a doppio taglio, possono essere molto utili per analizzare una certa parte di realtà, ma allo stesso tempo possono essere facilmente strumentalizzate per presentare una determinata immagine, che spesso non riflette la complessità del contesto. Siamo quindi chiamati a lasciarci interrogare da questi numeri, soprattutto per capire come possono essere strumenti positivi per indirizzare le politiche future.
Perché si parla poco di una politica seria che metta al centro i giovani? Come siamo arrivati al punto di parlare di “fuga di cervelli” come di una crisi? Perché i fondi alla ricerca sono sempre meno? Quanto investe il nostro Paese su noi? Perché alle scorse elezioni un numero molto elevato dei miei coetanei ha deciso di non votare?
Questi sono solo alcuni degli interrogativi che tengono occupata la mia mente, ma ce n’è uno che preme insistente più degli altri. E’ davvero tutto così tremendo?
C’è del bello che non viene raccontato quasi mai, ed è rappresentato dall’impegno quotidiano ed instancabile di migliaia di associazioni giovanili sparse in tutta Italia. Già Tocqueville nel XIX secolo indicava l’associazione tra privati come uno di quei fattori chiave per assicurare la tenuta del sistema democratico, contrastando la diffusione a livello sociale dell’individualismo. E sono convinta funzioni, perché l’ho vissuto sulla mia pelle.
Ho avuto la fortuna di crescere in un contesto fertile di partecipazione, a differenza di quanto si possa credere. Sono cresciuta a Milazzo fino ai miei 18 anni, e sebbene sia vero che Milazzo sia una città con tanti limiti, sono convinta che scuole e parrocchie siano linfa per il territorio. Così come sono grata al liceo Impallomeni per le tante opportunità di progetti che ci ha offerto durante i cinque anni di studio, sono anche grata alla parrocchia dove sono cresciuta, per il percorso associativo in Azione Cattolica. E’ in questi contesti che i giovani dovrebbero essere sostenuti e accompagnati dagli adulti, in una relazione che sia orizzontale, senza pregiudizi nei confronti dell’età. Solo pensando alla relazione giovani-adulti con un senso di complementarietà, potremo aspettarci nuovo slancio di partecipazione alla vita pubblica dei giovani.
Ecco, per me l’Azione Cattolica e il Movimento Studenti di Azione Cattolica (MSAC) sono stati luogo di crescita in questo senso: essere soci di Azione Cattolica vuol dire imparare ad essere “Chiesa in uscita”, cioè partecipare attivamente alla vita della Chiesa e del Paese. “Azione Cattolica” racchiude la missione che ci è stata affidata da Gesù Cristo, che non è quella di stare chiusi nelle parrocchie, non è avere paura di prendere posizione sulle questioni che ci interrogano, vuol dire camminare insieme alla comunità avendo a cuore il bene comune, nei luoghi in cui viviamo il nostro tempo: il posto di lavoro, l’università, la casa, la scuola.
L’impegno di tutti i giovani di AC di cui ho riportato un esempio è solo una piccola parte di tutto l’universo dell’associazionismo italiano, che è segno di una presenza bella nei nostri territori, e testimonianza della voglia di confrontarsi e di mettersi al servizio.
Allora cosa possiamo fare? Come cambiare le cose? Forse basterebbe iniziare col dire che quello che è tuo è un po’ anche mio, mi sta a cuore, mi riguarda.