I Santi sono per sempre
«Dopo avere lungamente riflettuto e invocato più volte l’aiuto divino e ascoltato il parere di molti nostri fratelli nell’episcopato, dichiariamo e definiamo Santa la Beata Eustochia Smeralda Calafato».
Era l’11 giugno 1988. Nel grande spiazzale della Fiera Internazionale di Messina, in uno scenario d’incanto, tra cielo, acqua e terra, Giovanni Paolo II dichiarava e definiva santa la clarissa Eustochia Smeralda Calafato, fondatrice del Monastero di Montevergine, nata a Messina il 25 marzo 1434 e morta il 20 gennaio 1485. Da allora sono passati trent’anni. Tempo di preghiere insistenti, di grazie innumerevoli e di speranze affidate all’intercessione di una Santa che, per dirla con le parole del Papa, «dalla cella del Monastero di Montevergine… estendeva la sua preghiera e il valore delle sue penitenze al mondo intero. In tal modo intendeva essere vicina ad ogni fratello, lenire ogni dolore, chiedere perdono per i peccati di tutti… Sant’Eustochia ci insegna la preziosità della consacrazione totale a Cristo, da amare con affetto sponsale, devoto, completo. Quando si aderisce a lui, si ama con il suo stesso cuore, che ha una capacità infinita di carità» (Giovanni Paolo II).
Nelle parole del Papa possiamo trovare alcune delle ragioni della «peregrinatio» del reliquiario di Santa Eustochia tra le comunità parrocchiali della nostra diocesi. I Santi sono per sempre. La loro esperienza di Dio, impregnata di amore e fatta di servizio, sono sempre attuali.
Attuale, Gesù. Eustochia amava pregarlo così: «O dolce amore, esaudiscimi, perché tu sei il mio unico Signore e amore, tu sei il mio desiderio, la mia gioia, la mia consolazione, il mio rifugio, la mia attesa; e in te solo ripongo la mia speranza e tutto il mio bene».
Attuali i sentieri di vita che Eustochia percorreva e che amava indicare alle sue consorelle. Sono quelli del Vangelo. Ed hanno un nome. Ne cito soltanto alcuni: Gesù Crocifisso, l’Eucaristia, la preghiera e la gioia. «Abbiate come padre il Crocifisso: esso vi ammaestrerà e vi illuminerà su tutte le cose che vi sono oscure; fate come me, che mai mi sono affidata a persone umane, ma mi abbandonai sempre e completamente nelle braccia del Crocifisso; da esso solamente ho ricevuto chiarezza nei pensieri».
«Era talmente profonda la devozione e la riverenza che nutriva per il Sacramento, che quando si accostava alla santa comunione piangeva così copiosamente, che sembrava venisse a mancare; ed era tanto il sacro timore e il profondo rispetto e la soggezione nel riceverlo, che nessuno mai sarebbe in grado di narrare o di quantificare». «Si recava in chiesa davanti al corpo di Cristo, rimanendo un poco distante, giacché non si riteneva degna di accostarsi a Lui. Si prostrava a terra con infinita riverenza e ringraziava il Signore».
«Era sempre lieta, festante e dolce; non solamente non tradiva quanto le pesassero il pianto e la penitenza, ma al contrario, certamente per grazia divina, aveva sempre un’espressione di gaudio e di allegria spirituale».
La «peregrinatio» del reliquiario di Santa Eustochia Smeralda rappresenta una opportunità. Quella di conoscere l’esperienza umana e cristiana di una donna consacrata a Dio e al prossimo per scegliere di mettersi sui suoi passi e andare dietro a Gesù, via verità e vita.