Ci salverà la tenerezza
La violenza, la barbarie, la prevaricazione, l’insulto, la lesione sistematica dell’altrui dignità sono tratti sempre più caratterizzanti il nostro vissuto nella società civile e, brucia doverlo costatare, nel territorio in cui opera la comunità parrocchiale. Siamo come avvolti dentro la caligine di una disumanità refrattaria ad ogni azione di riscatto e di redenzione. È Natale: ancora una volta un invito, in questa nostra notte, a metterci in cammino verso Betlemme dove ci sarà dato un segno, un bambino “avvolto in fasce”, per riconoscere che la Gloria di Dio abita tra noi, nuovo inizio di una umanità possibile se capace di tenerezza.
Eppure fin dentro le chiese quasi travolti dal vortice di “presepi viventi”, di liturgie, di recite e concerti, di tombolate varie... si nega la sconvolgente buona notizia di un Dio diventato pienamente uomo perché l’uomo diventi “divino”. La carne del bambino Gesù, magari ce ne rendessimo conto, è il luogo della presenza di Dio sulla terra da riconoscere, accogliere, circondare di cure. Racconta l’evangelista Luca: “(Maria) diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia” Lc 2,7) e racconta ancora che l'angelo offre come «segno» ai pastori quella fasciatura. E questo vuol dire che il gesto di Maria, così abituale ad una madre che ama il suo piccolo, racchiude un significato, un messaggio che va oltre l'apparenza esteriore. Ma quale? Sarà Natale se come Maria saremo capaci di tenerezza, di circondare di cure ogni essere umano fragile, debole, povero, esposto alla violenza dei potenti di turno, di avvolgere in fasce la “carne” di Dio. E Dio verrà dentro di noi per suscitare in noi una tenerezza operosa. Buon Natale!