Un’etica della prossimità, una politica della coabitazione
L’accoglienza dei migranti e le forme di permanenza degli stessi nel nostro paese è un argomento di cui attualmente è davvero difficile discutere serenamente in ogni contesto sociale e culturale. Bisogna essere onesti e constatare senza infingimenti che anche all’interno del mondo cattolico non è facile affrontare l’argomento senza riscontrare subito difficoltà di comprensione reciproca. Di solito ci si trova tra due posizioni contrapposte: tra chi ritiene che accogliere le persone (e soprattutto salvarle dai pericoli del viaggio) viene prima di ogni ragionamento politico-economicistico e dall’altro chi frappone motivazioni di ordine sicuritario, economico o identitario.
Rispettivamente dall’una e dall’altra parte ci sono poi ulteriori sfumature interne tra posizioni di radicale apertura da una parte e di estrema chiusura dall’altra. Nel primo caso c’è chi si appella ad un’idea di meticciato e interculturalità e auspica la maggiore interazione possibile tra autoctoni e stranieri “residenti”, in pochi auspicano ancora il modello del multiculturalismo il cui fallimento è testimoniato da fenomeni di costruzione di vere e proprie enclave di tipo religioso, etnico o di origine nazionale incapaci di creare inclusione, ma al contrario solo ghettizzazione e diffidenza reciproca. Nel secondo caso si promuove la chiusura totale partendo dall’idea che soprattutto gli stranieri di origine islamica e in generale i non europei non siano integrabili e ci sia un gravissimo pericolo addirittura di sostituzione etnica. La cosa più significativa è che i Paesi dove questa posizione ha assunto grande rilevanza, vedi la Polonia, i migranti e i profughi ci sono solo nei discorsi degli imprenditori della paura, nella realtà non vi è traccia di essi. Il livello di odio verso i cosiddetti “buonisti”, cioè chiunque auspichi un minimo di tolleranza e possibilità di accoglienza, nei Paesi dell’Est Europa ha già portato ad episodi gravissimi come l’uccisione il 14 gennaio scorso, durante un evento pubblico di beneficenza, del sindaco di Danzica, il 53enne Pawel Adamowicz.
Le politiche dell’insicurezza di cui scriveva in un libro del 2006 lo studioso Jef Huysmans promosse in un primo momento da forze moderate e progressiste nel tentativo di contenere le forze sovraniste e nazionaliste, alla lunga hanno favorito queste ultime, perché legare continuamente le migrazioni al tema della sicurezza favorisce inevitabilmente quelle forze che meglio interpretano l’odio e la chiusura verso lo straniero. Nel dibattito italiano sempre più dominato da queste pulsioni xenofobe e sicuritarie un piccolo germe di seria riflessione lo ha proposto la filosofa Donatella Di Cesare con il suo libro “Stranieri residenti. Una filosofia della migrazione”. Ecco un passaggio fondamentale del volume: «Il gesto discriminatorio rivendica per sé il luogo in modo esclusivo. Chi lo compie si erge a soggetto sovrano che, accampando una supposta identità di sé con quel luogo, con cui fantastica di far corpo, reclama diritti di proprietà. Si cela in questa rivendicazione la violenza ancestrale. Quel soggetto sovrano, che sia un “io” o un “noi”, che si proclami al singolare o plurale, non è che un usurpatore che intende sostituirsi ad un altro, scalzarlo, cancellare le tracce. Come se l’altro, che proprio in quel luogo lo ha già preceduto, non avesse alcun diritto, non fosse, anzi neppur esistito. Così, insieme all’altro, cancella ogni etica. Perché nessuno è mai stato scelto, e sulla terra ha avuto temporaneamente un luogo dove prima abitava un altro, un luogo di cui quindi non può esigere il possesso. Riconoscere invece la precedenza dell’altro nel luogo in cui è dato abitare vuol dire aprirsi non solo ad un’etica della prossimità, ma anche ad una politica della coabitazione».
A Barcellona Pozzo di Gotto da qualche settimana si è costituito un coordinamento dal nome emblematico “Restiamo umani”. Questo coordinamento raccoglie associazioni e organizzazioni laiche e cattoliche per promuovere occasioni di riflessione e confronto su queste tematiche e per organizzare in futuro iniziative di mobilitazione e solidarietà. Il coordinamento è aperto al comprensorio con organizzazioni di Milazzo, Castroreale, Rodì Milici e Terme Vigliatore. La prima iniziativa aperta a tutta la cittadinanza si svolgerà presso il teatro dell’Oratorio Salesiano di Barcellona Pozzo di Gotto sabato 2 febbraio alle 17.30. Tra gli interventi per presentare e aprire un dibattitto sull’attuale situazione del fenomeno migratorio quello del diacono Santino Tornesi responsabile di Migrantes di Messina, testimonianze di operatori e beneficiari del sistema di accoglienza, testimonianze di famiglie che hanno accolto minori stranieri non accompagnati, testimonianze di mediatori-operatori legali per raccontare i difficili e contorti percorsi dei migranti per potersi regolarizzare.