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Gerusalemme è la meta del cammino


Gerusalemme rappresenta il cuore delle tre religioni monoteiste. Per l'Islam è "al Quds al Sharifa - la Nobile Santa"; per Israele è "Yerushalayim - Visione di Pace", la città che Dio stesso ha scelto per il suo popolo, "ha-Maqom - il Luogo della Dimora del Nome", parte fondamentale dell'Alleanza, e il simbolo fondante dello stesso Stato ebraico. Per noi cristiani è la città dove, in e per Cristo Gesù, si sono realizzate le profezie della nostra salvezza. Nel Vangelo di Luca, Gerusalemme rappresenta la meta finale del viaggio che, a partire da Lc 9,51, Gesù compirà. “Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione (lett.: indurì il suo volto) di mettersi in cammino verso Gerusalemme”. Gli studiosi ritengono questo versetto molto importante, un vero spartiacque da dove ha origine il grande viaggio di Gesù verso la Città Santa dove culminerà la sua missione. Egli è il Figlio obbediente, l'Agapetòs il cui profilo ci verrà tratteggiato dentro la cornice di questo grande viaggio qui con decisione cominciato e che si completerà sul Golgota. La sua ultima salita a Gerusalemme è la consegna di sé al Padre, il ritorno del Figlio Unico che manifesta al mondo intero il volto trasfigurato del Figlio dell'uomo (9,29). Da questo momento in poi il Vangelo non è solo da ascoltare, ma anche, e soprattutto, un cammino da seguire sulla stessa via tracciata dal Maestro, via maestra che culminerà nella Theorìa (Contemplazione) (23,48) della croce. “Sulla strada che conduce alla Città Santa, l'evangelista invita i suoi lettori a contemplare Gesù a volto scoperto” (cit.), invita noi perché possiamo riflettere, come in uno specchio (cfr.2Cor 3,18) il volto d'amore del Padre.

Davanti a questo Volto siamo chiamati a discernere noi stessi, quale cammino seguire e quale volto contemplare e riflettere: siamo davvero decisi - "induriti" come Gesù - a rimanere nell'amore fedele al progetto d'amore del Padre sull'umanità intera, oppure siamo chiusi nel nostro egoismo - personale

e comunitario - nella nostra "sklerokardia", la durezza del cuore che ci impedisce di riconoscere e di contemplare nel volto del fratello - di ogni fratello - il Volto dell'Altro che viene a visitarci?

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