In attesa della Pentecoste Il dono delle lingue nuove
Giorni difficili e di sconforto - un po’ come oggi, a più livelli, dentro la Chiesa - furono quelli vissuti a Gerusalemme dagli Apostoli dopo le apparizioni di Gesù risorto e la sua ascensione al cielo. Questi uomini della Galilea che avevano seguito il loro Maestro e che persino lo avevano visto risorgere dai morti ora, non sapendo come proseguire da soli, per paura, si erano rinchiusi dentro le mura del cenacolo e quando tutto sembrava volgere al termine e concludersi come una bella storia tra le tante ecco che “mentre stava per compiersi il giorno di Pentecoste (…) e si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue di fuoco, che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi” (Atti degli Apostoli).Ricordare e rivivere quella esperienza serve a ciascun battezzato, serve alla Chiesa perché, anche se sembra esser calata la sera e anche se pare che le tenebre stiano per avanzare irrimediabilmente, Cristo non ha abbandonato noi, i suoi discepoli, e lo Spirito Consolatore non ha lasciato la terra ma continua ancora a soffiare e tutti, laici e consacrati, abbiamo il bisogno di sentirci pervadere da questo vento impetuoso. La Chiesa più che mai oggi ha bisogno di recuperare il primo e grande dono del Paraclito: saper parlare tutte le lingue, lingue nuove, nuove rispetto a quelle fin ora conosciute avendo piena consapevolezza che in realtà questo tempo così secolarizzato è un tempo favorevole per l’evangelizzazione, un’evangelizzazione che non sia però più proselitismo ma proposta semplice e chiara del Vangelo. Dono delle lingue nuove significa inevitabilmente rompere alcuni schemi e non pensare più al cristianesimo come ad un’eredità del passato da conservare gelosamente, impedendo ogni possibile discontinuità, ma come un tesoro prezioso da riscoprire e una storia da ri-iniziare ogni giorno.
Dono delle lingue nuove significa non avere paura di andare oltre, verso nuovi lidi che permettano di sperimentare nuovi modi e stili di vivere il Vangelo, nuovi modi di invocare Dio, nuovi linguaggi per dire la nostra speranza nell’amore più forte della morte.
“In questa conversione pastorale” - scriveva a tal proposito Enzo Bianchi - “occorrerà battere strade inedite, correndo il rischio di una nuova enunciazione della fede, in quanto si tratta non solo di rinnovare il linguaggio ma, più in profondità, di osare – come fece l’apostolo Paolo – un’operazione transculturale, in modo che la salvezza, la liberazione portata da Cristo e il messaggio della sua resurrezione siano esprimibili ed eloquenti oggi nelle diverse culture”.
Ognuno di noi allora, in prossimità ormai della Pentecoste, sentendosi vero protagonista nell'attuazione del Vangelo, invochi ancora una volta per sé, per la comunità parrocchiale, per la Chiesa intera lo Spirito Santo: “Vieni Spirito Creatore visita le nostre menti e riempi della tua grazia i cuori che hai creato”.