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Galil Ha-Goyim il Distretto dei Pagani

Come veniamo a sapere dai sinottici, Gesù scelse la regione della Galilea per iniziare il suo ministero pubblico ed ivi stabilì la sua dimora fino a poco prima della sua morte. Egli vide chiaramente che proprio la Galilea era il luogo più adatto a partire dal quale poteva annunciare il Regno. Per Gesù il posto da cui si parla condiziona ed ha sempre una grande influenza sul che cosa si ha intenzione di trasmettere. Tutto questo vuole dire che Gesù ha utilizzato criteri non soliti per ciò che fa riferimento alla comunicazione del suo messaggio.

Non ha dato inizio alla sua predicazione cominciando dal Tempio, da Gerusalemme o da qualche altra città della nobile Giudea ma, al contrario ha scelto una regione di confine, un "Distretto" (questo è il significato del termine Galilea) abitato da gentaglia ignorante e bellicosa, malvista e disprezzata perché a rischio idolatria, gente impura con la quale era vietato mantenere ogni tipo di relazione. Famoso il lamento di rabbi Yohanan ben Zakkai, nipote di Rabbi Hillel che, disperato per il fallimento della sua missione in Galilea, esclamò: “Galilea, Galilea, tu odi la Torah!” (Talmud). Gesù stesso crebbe in Galilea, e precisamente a Nazareth e per questo definito "il galileo", appellativo che mette in risalto una evidente carica di disprezzo.

Lo stesso accadde anche ai primi cristiani, il cui primo nome con molta probabilità fu la "setta dei nazareni".

Gesù non ha cercato gli ambiti più brillanti, né i posti di privilegio, né il favore di persone influenti, tanto meno dei potenti del suo tempo. Dobbiamo perciò concludere che Gesù non si è curato affatto della sua immagine pubblica e che i suoi criteri pastorali non coincisero affatto con quelli dei religiosi del suo tempo (e nemmeno con i nostri). Gesù ha proclamato il suo Vangelo nelle "periferie esistenziali" del suo tempo, ha vissuto con gli ultimi, gli esclusi, i suoi amici e seguaci sono stati soggetti di infima condizione, persone decisamente non esemplari. Tutto questo non è stato frutto del caso, ma di una ben precisa volontà, una scelta di vita. Proprio

per questo motivo, “a pensarci bene, risulta veramente ridicolo ascoltare prediche sul Regno di Dio che Gesù ha annunciato, proclamate da pulpiti solenni con la sacra maestà e ieraticità con cui, a volte, si presenta l'oratoria ecclesiastica” (cit.). Gesù si rende conto che per comunicare efficacemente il suo progetto di vita, che contempla l'umiltà, la semplicità, la prossimità con i più poveri e con quanti soffrono, tutto ciò può essere insegnato solo nel caso in cui egli stesso lo vive in prima persona. Quel che è stato valido per Gesù allora, certamente lo è anche per noi oggi. E' proprio nella Galilea di ogni tempo e luogo che Gesù convoca sempre la sua Chiesa: “Là lo vedremo!” Mt 28,10. Se così non è, risulta vana ogni nostra fatica di evangelizzare: “siamo solo dei mistificatori, dei ciarlatani, degli ipocriti, attori stucchevoli da teatro, il teatro di questo mondo. L'etica non si insegna solo con le parole. L'etica si insegna soprattutto con la vita“.

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