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Giovani universitari La fuga verso gli Atenei del Nord

Negli anni ‘90, mi laureavo in Giurisprudenza a Messina, una facoltà ritenuta allora un'eccellenza. Docenti come Silvestri, Taormina, Saitta ... erano lì a testimoniare quanto l'Ateneo puntasse sulla formazione di una classe dirigente all'altezza. La facoltà era costretta ad affittare i locali di un vicino cinematografo per contenere la folla di studenti. Al momento risultano solo 150 nuovi iscritti alla facoltà. Evidentemente la proposta formativa e le possibilità di sbocco occupazionale non rendono più appetibile quella che un tempo era una signora facoltà.

Ma fermiamoci al primo aspetto (il secondo è spesso collegato col primo): la proposta formativa. Un recente studio della Svimez (Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno) ha analizzato gli effetti di un recente decreto che ha distribuito risorse ai 65 atenei pubblici sparsi nel territorio: tali risorse si traducono, soprattutto, in opportunità di assunzione di professori.

Bene, sulla base dei dati certificati nel decreto, le risorse vengono elargite soprattutto al Nord. Perché? Perché chi ha gestito gli Atenei al Sud o ha fatto errori nella gestione o, peggio ancora, è stato coinvolto in continue indagini giudiziarie che ne hanno minato la credibilità. Chi paga? Certamente non i dirigenti, i quali trovano nelle maglie della legge la possibilità di camuffarsi, nascondersi e riproporsi: da noi il merito è ininfluente. E purtroppo ci siamo assuefatti all'idea che... funziona così. Ogni tanto spunta un'indagine giudiziaria che scopre qualche pentolone e … scopriamo che accanto al Rettore di turno si registravano le presenze in Uffici amministrativi di parenti, coniugi ed altro ancora.

Risultato: niente professori, niente studenti. Chi paga? I nostri figli costretti ad iscriversi in Università del Nord per poter ambire ad una formazione adeguata che produca un immediato sbocco lavorativo. Pagano le famiglie che devono dare fondo a tutti risparmi per garantire un futuro ai loro figli: sempre lo Svimez calcola in 3 miliardi l'anno il costo di questo esodo. Sono somme perse dal meridione, poiché solo pochi “cervelli” decideranno di tornare; di conseguenza, i nostri risparmi diventano una forma di investimento per il Nord o per i Paesi Europei che offrono migliori garanzie di lavoro ai nostri ragazzi. Cosa fare? È necessario un cambio culturale. Ripartire dai Doveri è la strada maestra per ripristinare il senso della Responsabilità. Prima ancora delle scelte strategiche di merito, è necessario trovare un metodo che emargini i fannulloni, i parassiti ed i disonesti e dia sempre più possibilità di esprimersi a chi porta risultati concreti: è un po' la famosa parabola dei talenti sconosciuta nei fatti nella nostra cultura.

Il nostro sistema legislativo garantisce, a iosa, i diritti, ma nessuno controlla il rispetto dei doveri. Se vogliamo bloccare la fuga dei cervelli abbiamo il “dovere” di cambiare il nostro.

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