Rivelazione “rivelazioni private” fede
Per molti credenti le apparizioni (?) hanno lo stesso valore della Rivelazione cioè il contenuto di Fede che la Chiesa riconosce come autentico, e addirittura la correggono e la superano. La realtà che emerge è spesso desolante: gente affamata di miracolismo totalmente ignara della fede, che di fronte a certi episodi abbandona qualsiasi criterio logico e ogni sensatezza. Basterebbe, per questo, vedere quante persone, che frequentano tranquillamente le nostre chiese, si rivolgono a maghi ed imbroglioni simili.
Alla radice di tutto ciò c'è una religiosità totalmente digiuna degli elementi basilari di una fede autentica e, per questo, nutrita da quel sottobosco di visioni, apparizioni, santoni e ciarpame del genere. Già nel VII a.C. il profeta Geremia denunciava quanti si rivolgevano ad altro che non era il Dio di Israele: “Il mio popolo ha abbandonato me, sorgente d'acqua viva, e si è scavato cisterne piene di crepe che non trattengono l'acqua” (Ger 2,13). Quando ignoriamo la Parola del Signore, la nostra vita si riempie di idoli vani e di chiacchiere inutili. L'adesione acritica e spesso fanatica a questi messaggi, non solo non è espressione di una fede autentica, ma ne smaschera l'assoluta povertà. Anche S. Giovanni della Croce, grande mistico e Dottore della Chiesa, nel suo trattato: La salita al monte Carmelo, scriveva: “Chi oggi volesse interrogare il Signore e chiedere a Lui qualche visione o relazione, non solo commetterebbe una sciocchezza, ma è una offesa a Dio (...) Affermo dunque che l'intelletto non deve ingombrarsi e nutrirsi con tutte queste apprensioni e visioni immaginarie e con altre forme di specie”. La nostra, purtroppo, è una fede debole e fragile che sempre vuole toccare e vedere, come l'apostolo Tommaso (Gv 20,25), il quale ha avuto bisogno di vedere il Risorto per credere alla parola dei discepoli. Alla fede di Tommaso, che crede perché ha visto, Gesù contrappone la beatitudine di quanti crederanno senza avere visto. E' la nostra beatitudine. Infatti noi crediamo sulla parola di coloro che lo hanno visto e narrato nel Vangelo, perché possiamo giungere alla fede in Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio e ottenere in Lui la Vita Eterna (cf. Gv 20, 30-31). Alla fine del cap. 20 del Vangelo di Giovanni, l'autore spiega il contenuto e il fine del libro: il contenuto sono i segni che Gesù ha compiuto, il fine è che noi possiamo credere in Lui e "vederlo" per mezzo della sua Parola. Nei segni Gesù ha manifestato, fin dal principio, la sua Gloria
(Gv 2,11), questi segni diventano per noi la Parola che ce li testimonia: tutto il Vangelo è segno della
Gloria di Dio che si manifesta ed entra in comunione con coloro che lo accolgono, perché possano giungere alla beatitudine della fede. I segni compiuti agli occhi dei discepoli sono ora anche sotto i nostri occhi nel racconto che ce li ri-presenta: la Parola che si comunica a noi.
Accogliendo questa accogliamo Lui, il Verbo della Vita.