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“Non aver paura piccolo gregge” Il viaggio del papa in Oriente

Vicinanza ad “un piccolo gregge” con uno sguardo fiducioso al domani: così si può sintetizzare il senso del viaggio apostolico che il papa ha compiuto alla fine di Novembre in Thailandia e in Giappone, facendo visita ai cristiani che vivono in quelle affascinanti terre dell’estremo oriente. La Chiesa lì è davvero una piccola realtà, i battezzati rappresentano una fetta della popolazione che oscilla intorno ad appena l’1% del totale. A loro papa Francesco (che da giovane seminarista gesuita sognava, guardando a San Francesco Saverio, di diventare missionario in Giappone) ha voluto portare il suo messaggio e quello di tutta la Chiesa, un messaggio carico di speranza per incoraggiare e confermare l’opera di quanti lì si impegnano, tra molte difficoltà, nella trasmissione del Vangelo.

Tra i tanti passaggi di questo viaggio, tra i tanti discorsi fatti - 18 in totale - tra i tanti temi trattati quali quelli del disarmo nucleare, del dialogo interreligioso, del rispetto della vita e del creato quello su cui maggiormente ci si può soffermare è quello della cosiddetta “inculturazione”.

Una delle maggiori difficoltà che la Chiesa si trova ad affrontare lì è quella di essere tutt’ora percepita dalla gente come una realtà “straniera” perché troppo distante dallo stile di vita e dal pensiero asiatico, incapace fino in fondo di parlare la stessa lingua di quei popoli nonostante l’impegno e la prossimità – anche attraverso opere di carattere sociale – alle fasce più povere ed emarginate della società. In particolare in Giappone - ancora oggi profondamente influenzato dalla religione shinto, (religione degli imperatori che perseguitavano i cristiani) - sono stati compiuti alcuni sporadici sforzi per promuovere il dialogo, ma la Chiesa ancora vive con il forte ricordo della persecuzione e il risultato di questo è che non ha compiuto nessun progresso per divenire significativa nella società. La Chiesa ha ad esempio istituti d’istruzione superiore e ci sono sporadiche conversioni, ma i giapponesi nell’insieme non sembrano interessati al Vangelo di Gesù: l’impatto c’è, ma il numero dei cristiani è insignificante e in Thailandia e in altri Paesi di quella regione la situazione non è assai diversa. Ecco allora che il papa in uno dei suoi discorsi ha spronato i credenti e in particolare sacerdoti e religiosi su questi temi, spiegando loro che non bisogna aver paura di cercare nuovi simboli e nuove immagini che aiutino questi popoli a risvegliare la meraviglia che vuole donare il Signore; ha ricordato ancora Francesco, citando Benedetto XVI, che “la Chiesa non cresce per proselitismo, ma per attrazione” e ha invitato a non aver paura di inculturare il Vangelo sempre di più: “bisogna cercare le forme nuove” - ha detto - “per trasmettere la Parola capace di scuotere e ridestare il desiderio di conoscere il Signore: Chi è quest’uomo? Chi sono queste persone che seguono un crocifisso?”. Questo messaggio del papa che racchiude in se una sfida per l’oggi e soprattutto per il domani non possiamo non farlo nostro anche mentre nel Natale contempliamo il mistero di un Dio che per farsi ancora più vicino e per parlare agli uomini ha deciso di farsi Lui stesso uomo. Da figli di una terra che inizia a mostrare segni profondi di indifferenza e di distacco dal messaggio cristiano, anche qui dalle nostre parti abbiamo bisogni di vedere e di vivere una Chiesa che torni ad essere “attrattiva” e in grado parlare una lingua nuova al passo con i tempi e capace di rispondere da vicino alle esigenze e i bisogni della società di oggi.

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