Cristo, mia speranza, è risorto
Cuore dell'annuncio del Vangelo nella predicazione apostolica è il kerygma, la proclamazione dell'incarnazione, morte e resurrezione di Gesù. Non della sola resurrezione (anche Lazzaro e il figlio della vedova di Nain sono risorti), ma del kerygma è parte integrante l'incarnazione, la decisione di Dio di prendere parte alla nostra storia nella carne dell'uomo Gesù di Nazareth, la sua profonda senza la quale la Pasqua perderebbe senso.
“Se Cristo non è stato risuscitato, vuoto è il nostro annuncio (kerygma) e vuota è anche la vostra fede”, dice S. Paolo (1Cor 15,14), ma se Dio non si è incarnato, la resurrezione non è per noi decisiva. L'incarnazione e la resurrezione sono un tutt'uno; la resurrezione infatti è il compimento della promessa di Dio ad Israele, quella di esserci sempre (YHWH = IO_SONO) di essere l'Emmanuele, il Dio con noi. Con queste parole Paolo intende dirci quale importanza egli attribuisse alla resurrezione di Gesù; per lui e per la prima comunità di credenti tutto ruota attorno a questo centro gravitazionale senza il quale la vita del cristiano perderebbe senso e il dramma della morte di Gesù in croce sarebbe solo un'assurda tragedia. La resurrezione, poi, è legata indissolubilmente alla testimonianza di coloro che hanno fatto esperienza diretta di Gesù risorto. Attraverso la testimonianza degli Apostoli e dei primi discepoli, viene costituita quella catena ininterrotta che è la Tradizione, che giungerà a tutte le generazioni successive, fino a noi. Negli Atti e nelle Lettere ci rendiamo conto di quanto per Paolo è essenziale essere testimone della resurrezione, anche quando questo può costargli la vita (cf.At 23,6), o nelle sue Lettere (cf.1Ts) nelle quali egli fa appello alla sua esperienza o al suo personale incontro con Gesù risorto (cf. Gal 1; 1Cor 9). Ma dopo duemila anni, cosa dice a noi l'affermazione: “Gesù è risorto !”? La fede nella resurrezione di Gesù non è una favola, frutto del vino o della fantasia alienata di pochi sbandati in preda al dolore, non è fuga dal mondo. Dire che Gesù è risorto “significa che l'amore di Dio è più forte del male e della stessa morte; significa che Gesù ha tolto alla morte l'ultima parola” (Papa Francesco). La fede nella resurrezione è l'immersione nel cammino di vita che Gesù ha già tracciato, la piena realizzazione dell'uomo secondo l'immagine dataci dal Padre nel suo Figlio amato. Gesù è veramente risorto perché il Padre ha gradito il suo modo di vivere, lo ha trovato conforme al suo originario progetto sulla umanità. La vittoria di Gesù sulla morte è il sigillo della fedeltà della sua vita al sogno d'amore del Padre.