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Deprivati dell’assemblea, della comunità

Già da diverse settimane la Chiesa italiana ha sospeso le celebrazioni e ogni attività religiosa come oratorio, catechesi e incontri di formazione. Questa interruzione di servizi ha però creato non poco scontento fra il popolo di Dio, anche se sappiamo bene che questa decisione nasce da “un amore sincero per una Chiesa fatta di volti, di storie, di persone che il Signore Gesù, in virtù del Mistero Eucaristico, costituisce come suo Corpo” (cit.). Qualcuno nella Chiesa, specie i gruppi tradizionalisti, hanno addirittura attribuito questa scelta "all'ateismo pratico" dei pastori, “che vedrebbero le realtà più sacre della Fede (Eucaristia, innanzitutto) solo come immagini, segni, vuoti simboli”, approfittando così di una situazione gravissima per gettare ancora una volta fango sui pastori della Chiesa. La decisione nasce dalla consapevolezza che questo è il modo migliore per guidare e pascere il gregge, cioè di evitare comportamenti che espongono le persone, soprattutto le più fragili al rischio della malattia e forse anche alla morte. Questi giorni di isolamento, invece, pur consci che, come scrive Tertulliano “Unus Christianus, Nullus Christianus. Un solo cristiano, nessun cristiano”, possono essere una occasione per la riscoperta della preghiera personale e familiare, del silenzio e della lettura della Parola di Dio, anche se sentiamo molto forte la mancanza di una vita comunitaria. Mai come adesso, forse, siamo capaci di comprendere la situazione di quanti, in diverse parti del mondo, non possono celebrare l'Eucaristia o ritrovarsi insieme a pregare perché vittime di persecuzioni a motivo della loro Fede. Quanto alle Messe in solitaria celebrate dal prete in TV o in diretta streaming con i fedeli, diversi teologi hanno storto il naso puntando il dito contro la mancanza di problematicità di questa prassi che “attinge al modello tridentino secondo il quale il ministro (con il popolo o senza è secondario) offre il sacrificio a Dio per tutti“ (cit.). Non siamo più di fronte "all'azione del popolo" (questo è il significato del termine "Liturgia"), ma ad un rito del solo sacerdote cui si possono associare altri fedeli, presenti o via web. E invece la Chiesa uscita fuori dal Concilio Vaticano II è definita "Popolo di Dio". Non è questo il momento di fare polemica ma, una volta passata la tempesta, bisognerà confrontarsi su ciò che abbiamo vissuto e porre gesti coerenti per crescere ancor più nell'unità.

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