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La pandemia e noi

Avevamo visto le immagini degli effetti devastanti del Coronavirus in Cina, ma vedevamo il pericolo lontano da noi; un pensiero fugace per quel popolo (poverini!!!), ma in fondo non era un problema nostro: sono cinesi, mangiano i pipistrelli … magari qualcuno avrà pensato che se la sono cercata. Poi i cinesi (contagiati) sono arrivati da noi, una coppia di turisti; abbiamo pensato che mai quel problema avrebbe potuto coinvolgerci e poi ancora Codogno …, ma noi ricacciavamo l’idea che l’Occidente, con tutte le sue eccellenze, avrebbe potuto farsi sopraffare dal virus.

Ed allora sì alle partite di calcio, alle feste già programmate, agli aperitivi annunciati, insomma alla vita di sempre. Fino al fatidico 7 marzo 2020, giorno in cui viene annunciato il blocco della Lombardia. C’è un fuggi fuggi generale; tanti studenti e lavoratori di Milano si affrettano a partire per evitare di rimanere bloccati.

Il 7 marzo rappresenta lo spartiacque tra la nostra vita di sempre e l’inizio di una nuova era (speriamo duri poco) nella quale la Paura entra prepotentemente nel nostro corpo, la sentiamo fisicamente a livello di epidermide e ci fa capire quanto siamo veramente piccoli. Improvvisamente le teorie della società liquida in cui tutto è relativo, il Nichilismo e Narcisismo imperante che ci rappresenta onnipotenti e bastevoli a noi stessi, lasciano il posto alla Paura, perché viene messa in dubbio la nostra esistenza. Accadeva così che chi aveva programmato di partecipare all’immancabile festa della Donna (8 marzo) in qualche locale super affollato, gridava ora allo scandalo nei confronti di quei ragazzi (untori e possibili assassini) che cercavano di tornare – in un solo giorno è cambiata la prospettiva ! Una Societá narcisistica e pertanto orientata alla idealizzazione dell’Io, manteneva la Sua predisposizione all’egoismo (ora trasformatosi in Paura collettiva); un egoismo che impediva di pensare empaticamente a ciò che poteva passare nella mente di quelli che sono pur sempre i figli della nostra terra (da alcuni rappresentati come traditori che ora tornavano per bisogno). Ci siamo ritrovati disponibili a rinunciare a tutto; alle nostre più elementari libertà; al piacere di incontrare le persone; a godere di una giornata di sole; ovviamente con i dovuti distinguo: perché anche il Coronavirus non è solidale ed equo, apparentemente colpisce tutti, ma in una società organizzata come la nostra non tutti hanno le stesse condizioni. Gli Uffici pubblici si organizzano (si scopre lo “smart working”) e, tutto sommato, sul piano economico i lavoratori non subiscono conseguenze... anzi! Di contro, il blocco delle attività economiche causato dai contagi ha determinato una situazione di diseguaglianza sociale che non viene colta da chi oggi governa questa nostra Nazione; sui principi di eguaglianza, una certa parte politica ha sempre fondato le sue battaglie, ma oggi è costretta a certificare l’ingresso nelle fasce delle povertà di milioni di persone che difficilmente riusciranno a risollevarsi. Donne e uomini che dall’oggi al domani sono stati costretti a rinunciare al loro lavoro non per scelta ma per causa di necessità, si ritrovano o in attesa (ancora), della cassa integrazione in deroga o (le partite IVA) con mini elargizioni che non servono ad affrontare i costi di gestione (consumi e affitti) non disattivati.

Tutto ciò avrà ripercussioni sull’equilibrio psicologico delle persone; alcuni cercheranno di utilizzare l’opportunità del prestito garantito dallo Stato, aggrappandosi all’ultima chance per evitare il fallimento; poi si aprirà un’altra pagina ancora più triste per chi non ce l’avrà fatta. Non è facile gestire questa situazione; probabilmente sarebbe stato opportuno che tutta la Società fosse stata coinvolta nelle scelte che potrebbero avere effetti devastanti; probabilmente le decisioni andavano assunte nel tempio della democrazia che è il Parlamento e che esse fossero il frutto di un coinvolgimento di tutte le forze politiche; perché in situazioni emergenziali non ci si divide. Ovviamente, questo elemento potrebbe produrre tensioni sociali difficilmente controllabili. Ancora il nostro Popolo è impegnato ad elaborare ogni giorno il lutto di migliaia di persone che non ce l’hanno fatta; ma quando il virus avrà finito di mietere vittime, la Rabbia potrebbe esplodere; già si avvertono segni di stanchezza emotiva: reazioni scomposte di chi viene multato perché ha fatto due passi a piedi da solo o perché marito e moglie vanno in macchina a portare un medicinale richiesto dall’ospedale per una parente grave ricoverata (non si rispetta il distanziamento sic ! dobbiamo aspettarci che qualcuno venga a farci visita fin dentro casa?); e poi gli sfoghi sempre più violenti di chi ha capito che non potrà più riaprire la sua attività. Siamo in ginocchio; avremmo bisogno per rialzarci, di alimentare lo spirito, sia quello civico (partecipativo) che quello dell’anima (religioso).

Entrambe le cose ci sono precluse e viviamo in uno stato di costrizione e di attesa. In questi giorni è emersa un’altra bella realtà, fatta di segni di solidarietà; gesti di abnegazione del personale sanitario e non solo; iniziative, le più disparate, per alleviare il disagio delle persone; anche nell’Europa dei poteri forti economici, si vedono barlumi di apertura al concetto di solidarietà. L’unica cosa che possiamo fare in questo momento di sospensione della cittadinanza è meditare su ciò che ci sta accadendo e recuperare tutte le risorse per ripartire in una dimensione che ci veda tutti reciprocamente responsabili del futuro nostro e dei nostri figli e, perché no?, recuperare il concetto di Resilienza affidandoci al Buon Dio che ancora una volta ci indicherà la strada per ripartire migliori di prima.

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