Seguire gli studenti anche oltre le tecnologie
DAD (didattica a distanza) è il nuovo acronimo che sta ad indicare la nuova modalità di erogazione della didattica che si sta imponendo da qualche settimana. La didattica a distanza (DAD) è entrata irresistibilmente in tutte quelle famiglie che hanno un figlio che frequenta la scuola, ma anche in quelle nelle quali c’è un docente è diventata una presenza costante e pervasiva. Una presenza quindi tutt’altro che lieve e discreta che sta sorprendendo tutti: ragazzi, famiglie, docenti. Con l'interruzione delle normali attività didattiche, gli studenti sono, come si sa, costretti a stare a casa. L’urgenza di raggiungerli nel loro domicilio ha spinto i docenti a trasferire, almeno in parte, quello che si fa normalmente a scuola, coinvolgendo in questo modo anche le famiglie, molto più dei tradizionali compiti a casa. La scuola è diventata in queste condizioni, almeno apparentemente, molto più pervasiva di prima. A partire da queste semplici osservazioni è doveroso fare alcune riflessioni. La prima, fondamentale, riguarda la necessità di non confondere mai la DAD con l’attività didattica ordinaria.
La DAD non rappresenta la semplice riproduzione-trasmissione, con mezzi tecnologici diversi, di quanto si insegna a scuola! Prima di veicolare i contenuti di una disciplina occorre infatti ripensarli profondamente, senza illudersi che possa bastare adattarli solo un po’alle nuove tecnologie. Già alcune nuove metodologie venivano utilizzate in presenza (per esempio flipped classroom) ma anche qui occorre stare attenti alle illusioni ottiche che possono fare prendere brutti granchi. Il lavoro di programmazione, preparazione ed elaborazione del materiale che si fa prima di una lezione a scuola è completamente diverso da quello che si deve fare nella DAD. Se questa prima considerazione è vera, nessuno può dire con sicurezza che poche settimane possono bastare per ripensare la didattica. Ci vorrà molto più tempo, ulteriori sperimentazioni, verifiche accurate. Una cosa che comunque si può già dire è che, nonostante le condizioni tanto precarie, è stato garantito il diritto all'istruzione. Non è poco! Gli studenti e le famiglie non sono stati abbandonati e lasciati soli, grazie innanzitutto alla responsabilità morale dei docenti, che prima ancora di rispondere a circolari e decreti, hanno sentito la necessità di attivarsi concretamente nelle modalità ritenute più praticabili. Ciò che invece solo la politica dovrà urgentemente risolvere riguarda il problema enorme del ritardo-divario digitale che caratterizza spesso le diverse dotazioni informatiche (strumenti e connessione) di alcune zone del nostro paese e delle diverse appartenenze sociali (nel mio piccolo io preferisco fare invii, spesso tramite whatsapp, perche uno smartphone a testa ce l’hanno tutti i ragazzi, mentre su un computer, sempre che ce ne sia uno funzionante, lavorano spesso più persone della stessa famiglia!) Se, quindi, per raggiungere tutti il lavoro prevalente non può essere la video lezione che, comunque, va drasticamente ridotta come durata e frequenza di almeno la metà, è indispensabile che gli studenti possano fare attività, sempre guidati dai docenti, ma con una certa autonomia, I mezzi devono essere vari, per cui è consigliabile che i video siano non solo in sincrono, ma anche registrati, come pure audio messaggi e messaggi scritti che possono essere seguiti dagli studenti indipendentemente dagli orari ed eventualmente rivisti con calma. Comunque, il collegamento digitale, aldilà della modalità che deve variare, se troppo presente rischia di appesantire tutti: ragazzi, familiari, docenti. A prescindere dei contenuti, si rischia una saturazione controproducente agli stessi processi di apprendimento. In assoluto, la cosa più importante, tremendamente difficile sia chiaro, è che gli studenti percepiscano di sentirsi seguiti ed accompagnati non solo attraverso, ma soprattutto oltre, le tecnologie.