Fase 2: dalla “Sindrome della capanna” all’ “Existential meaning”
Durante il lockdown abbiamo sperimentato le emozioni della paura, dell’isolamento, della depressione; progressivamente, però, abbiamo acquisito una certa sensazione di sicurezza. Oggi iniziamo a scoprire cosa significa convivere con la pandemia e, probabilmente, iniziamo a vedere che il confine dentro/fuori segnato dalla porta di casa è sempre più sfumato; se pure guadagniamo spazi di libertà, la percezione di sicurezza viene minata. In questa fase 2 la paura è rappresentata dal nuovo coronavirus, che veste i panni dell’altro, indistintamente: il passante, il collega, il coniuge. Le emozioni possibili di questo nuovo modo di vivere nel mondo richiamano alla mente le caratteristiche di alcune psicopatologie: pensiamo, ad esempio, alla “Sindrome della capanna” intesa come difficoltà a tornare alla normalità. Non si tratta di un vero e proprio disturbo mentale, è più una condizione di disagio che si associa normalmente a un periodo di lungo isolamento come quello che abbiamo vissuto. “Uscire da una condizione di protezione, da una sensazione di sicurezza e positività che è sotto il nostro diretto controllo e affrontare una realtà completamente diversa fuori e dentro casa può causare un notevole stress, oltre a spaventare moltissimo e frenare le normali attività di socializzazione”afferma il presidente dell’Ordine degli Psicologi della regione Puglia, dott. Vincenzo Gesualdo.
Molte persone stanno sperimentando vissuti contrastanti: si percepisce il desiderio di un ritorno alla normalità, ma anche il timore di riaffacciarsi ad un mondo diverso da quello a cui ci eravamo abituati negli ultimi mesi, ma che tra l’altro non rispondeva alla realtà. L’esposizione continua a input e spot che inneggiano al positivo a tutti i costi: “andrà tutto bene”, “insieme ce la faremo”, risulta spesso in contrasto con la realtà oggettiva. Prima del coronavirus, non era tutto roseo, i problemi c’erano: povertà, disoccupazione, criminalità, violenza... Essere sempre ottimisti e gioiosi con la promessa implicita che le nostre vite cambieranno in meglio e cambieranno subito è un atteggiamento disfunzionale, così come è disfunzionale l’autoconvincimento di essere senza prospettiva. Ora è fondamentale sforzarsi di mantenere una certa centratura, tenendo ben presente il limite oltre il quale la prudenza sconfina nel territorio dell’ansia, che può portare ad atteggiamenti davvero poco utili non solo per proteggersi dall’infezione, ma anche per mantenere la nostra integrità mentale. Le ricerche in ambito di psicologia della salute parlano di “existential meaning” (il significato esistenziale). La capacità di dare un senso a ciò che è accaduto gioca un ruolo fondamentale nel moderare gli effetti dello stress sulla salute fisica e sul benessere psicologico e nel rinforzare un sentimento di benessere generale. La libertà degli esseri umani non è la libertà da condizioni, ma piuttosto la libertà di prendere una posizione su qualsiasi situazione si presenti attraverso un “auto-distanziamento sano”, cioè il sapersi oggettivare e distanziare dai sintomi e dalle situazioni conflittuali che si presentano; ma anche di accettare o negare, di seguire o resistere, di dare quindi un significato agli eventi che la vita presenta. Ognuno deve trovare un proprio equilibrio tra speranza cieca e paura irrazionale. L’invito è al confronto con le altre persone, alla condivisione delle emozioni, all’ascolto e alla ricerca della verità oggettiva. La chiave è riscoprire il futuro come possibilità, il passato come fedeltà e il presente come decisione, potendo così passare dal sintomo, dalla fatica, dalla sofferenza alla progettualità.