Con uno sguardo nuovo
Il riabbracciare cari amici o parenti che vivono fuori per diverse esigenze e rientrati a casa per le ferie; l’intensa attività di locali, alberghi, lidi balneari, centri-vacanza alle prese con i turisti e non solo; il servizio delle parrocchie con gli oratori estivi a favore di famiglie, adolescenti e bambini; il vivere la città con i suoi spazi e suoi momenti di aggregazione e di incontro anche in occasione delle feste paesane: l’estate, negli anni, c’ha così abituati a vivere esperienze e a fare incontri che nel corso di tutto il resto dell’anno sarebbe molto difficile realizzare. Quella che è appena incominciata però in questo 2020 segnato dalle complesse vicende del covid-19 sarà, come è giusto che sia, un’estate molto diversa dalle altre. Questo ci spinge ancora una volta - come singoli e come parti della società - a ripensare seriamente con occhi, mente e cuore rinnovato al nostro modo di stare in relazione e di vivere gli spazi comuni che a piccoli passi stiamo cominciando a riscoprire in un clima di quanto mai ricercata ordinarietà. Certo è che ritorno ad un clima di normalità non può significare un recupero totale degli stili di vita pre-pandemia: guardandosi intorno già adesso - e continuandolo a fare proprio in questi mesi estivi così “anomali” - ci si rende conto che difficilmente tutto potrà tornare come prima e averne coscienza non significa assumere un atteggiamento fatalista quanto piuttosto accogliere la realtà del nostro tempo con la voglia di costruire un futuro già in atto dove per stare insieme, comunicare, viaggiare, studiare, costruire e coltivare relazioni, avere cura del territorio, dove per abitare spazi comuni come scuole, bar, palestre, ... per vivere la propria esperienza di fede nei gruppi e nelle comunità parrocchiali ci sarà bisogno di battere strade nuove e di assumere stili di vita nuovi. A mettersi in gioco per assumere nei fatti altre prospettive non devono solo essere quanti hanno ai vari livelli responsabilità nelle istituzioni: non può esserci nessun cambiamento sociale senza innanzitutto un primario e radicale cambiamento personale dei singoli!
E in questa partita che ruolo giocano i cristiani e le comunità ecclesiali, sparse sul territorio? Anche qui il rischio grande è quello di vivere questo tempo nell’attesa nostalgica di ciò che è stato mentre il proprio della nostra fede, conservando certamente la memoria del passato e della tradizione, è credere e annunciare le opere del Signore Risorto che “fa nuove tutte le cose”: la speranza cristiana si basa sulla fiducia in Colui che sempre crea novità nella vita dell’uomo, crea novità nel divenire incessante della storia, la fiducia in colui che è il Dio della novità!
Di questi primi mesi di cammino ad Albano Laziale, una delle parole più belle e più vere che mi porto nel cuore è stata quella di un anziano sacerdote ammalato che ha spronato noi giovani in formazione incitandoci a non vivere rimpiangendo il passato o aspettando tempi migliori di questo presente perché è proprio questo di adesso il tempo giusto per noi, un tempo reale scelto da Dio e voluto da Dio che è parte del Suo piano di salvezza per l’umanità e in cui siamo chiamati mentre Lui cammina con noi a educarci e a condividere con gli altri e con il mondo.
Ecco che allora, affidando a tutti queste parole, ogni comunità compresa la nostra realtà parrocchiale e ciascun credente, oltre le gerarchie, può, senza paura, sentirsi chiamato in questo tempo ad essere “sentinella del mattino”, in cui piuttosto che contare le diverse foglie ingiallite sui rami, cullandosi di nostalgie e rimpianti, poter scorgere - in parrocchia e nei luoghi della vita quotidiana - i germogli verdi di un’epoca nuova e di un mondo nuovo.