Psicoterapia e Coronavirus
Lo psicologo, in quanto professionista della “salute”, sa quanto sia importante saper leggere il contesto mentale, fisico e sociale all’interno del quale un fenomeno si colloca e mai come ora questa lettura risulta fondamentale, coinvolgendo tale figura in prima persona nella gestione dell’emergenza legata al Coronavirus. Esistono diversi approcci psicologici al disagio mentale, tra questi la terapia cognitivo comportamentale (Cognitive-Behaviour Therapy, CBT), attualmente considerata a livello internazionale tra i più affidabili ed efficaci, postula una complessa relazione tra emozioni, pensieri e comportamenti, evidenziando come i problemi emotivi siano in gran parte il prodotto di convinzioni “distorte” e rigide che si mantengono nel tempo, a dispetto della sofferenza che il paziente sperimenta e delle possibilità ed opportunità di cambiarle. Ciò implica che non sarebbero gli eventi a creare e mantenere i problemi psicologici, emotivi e di comportamento, ma questi verrebbero piuttosto largamente influenzati dalle strutture e costruzioni cognitive dell’individuo, ovvero dal modo in cui si pensa, interpretando la propria realtà.
In altri termini, non è il Coronavirus causa dei differenti problemi psicologici emergenti (ansia, fobie, stati depressivi, ecc.), ma piuttosto il modo in cui ognuno “legge” l’accaduto, connotandolo come: “la fine del mondo”, “un problema senza via d’uscita”, “il peggiore tra i mali possibili”, ecc. La pandemia ci ha costretti ad un isolamento, necessario alla sopravvivenza di tutti, ma repentino e in contrasto con le nostre consuete abitudini. Ci ritroviamo a gestire le ansie di questa situazione senza il supporto del contatto corporeo, che è il mezzo relazionale più arcaico e spontaneo per contenere le paure e il dolore. Anche il senso del “movimento-verso”, che ci aiuta a fare evolvere le emozioni, è cambiato: oggi riapriamo le nostre porte, ma la relazione con il mondo esterno si ferma ad un metro di distanza ed impone l’uso delle mascherine. Di certo, si può riuscire ad imparare ad essere molto vicini e presenti anche a distanza fisica, una distanza che possa proteggere senza allontanare. Questa lettura “alternativa” della realtà è ciò che propone l’intervento psicoterapico, permettendo di adattarci creativamente a questa nuova situazione. Cercare supporto, consulenza, sostegno per gestire e contrastare le conseguenze psicologiche del Coronavirus diventa quindi fondamentale in termini di recupero del proprio stato di benessere psico-fisico, senza attendere che l’evento traumatico possa scardinare il nostro equilibrio psichico, evolvendo in disturbo mentale anche grave. Il limite fra una funzionale attivazione fisiologica (eustress o stress positivo) e un eccesso di allerta con comportamenti poco lucidi e controproducenti (distress o stress negativo) è sottile. L’importante è capire “chi sta controllando che cosa”, come nelle dipendenze: “sono ancora io a gestire e scegliere cosa fare, o sto attuando comportamenti seguendo una massa di persone che sta facendo proprio quello che andrebbe razionalmente evitato?” Un esempio: nessuna autorità sanitaria ci ha consigliato di affollare i supermercati per rifornirci ossessivamente di scorte alimentari, eppure questa “psicosi” in un primo momento si è diffusa portando a molteplici effetti negativi, come concentrare parecchie persone in spazi chiusi oppure far mancare certi alimenti. L’obiettivo della psicoterapia diventa quindi la messa in discussione di quelle convinzioni, che sopra sono state definite “distorte”, ma che adesso (spero!) abbiamo meglio compreso siano assolutamente disfunzionali, in quanto ci portano ad assumere comportamenti controproducenti per la nostra salute. Questa ristrutturazione dei pensieri disfunzionali in pensieri funzionali ci permette di superare i disagi psicologici che si sono sviluppati in questa nuova fase della nostra storia di vita, perché consente di sostituire le emozioni negative causa di sofferenza psicologica in positive e modifica i comportamenti di isolamento, fuga, aggressività e sconforto in comportamenti di prossimità, coraggio e fiducia in sé e nell’altro.