“Vi farò pescatori di uomini…” Ma le barche e le reti restano in spiaggia
Mare di Galilea, al tempo di Gesù. Una scena consueta: dei pescatori impegnati a lavare e rassettare le reti ed altri intenti a pescare. All’improvviso, la consuetudine dei gesti viene interrotta dalla proposta di Gesù: “Venite dietro a me e vi farò pescatori di uomini”. Ancora più inaspettata la reazione dei pescatori: “essi, lasciate prontamente le reti, lo seguirono”.
La chiamata di Gesù sconvolge l’ordine della vita di questi uomini, che lasciano la loro occupazione per accogliere una proposta sconvolgente e senza garanzie sul piano materiale. Cosa avranno pensato le famiglie di questa scelta “folle”? Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni accettano il rischio della scelta, sulla base di un’esperienza con una Persona di cui si fidano, di una conoscenza profonda che hanno alimentato con la condivisione quotidiana.
E oggi? La proposta di Gesù ha ancora la stessa forza dirompente che spinge ad abbandonare tutto per seguirlo? La crisi delle vocazioni ci parla di un contesto ben diverso da quello dell’episodio evangelico. Le Parrocchie si svuotano, i conventi chiudono, ordini di secolare tradizione, che hanno lasciato anche un’impronta culturale e memorie architettoniche, vengono soppressi. Anche nel nostro territorio, da diversi anni, abbiamo potuto seguire questo graduale impoverimento, attraverso la chiusura di conventi, seminari e chiese.
Una riflessione sulle possibili cause investe in modo più ampio la società in cui viviamo. Certamente, paghiamo lo scotto di una denatalità marcata, perché, se un tempo le famiglie numerose e con difficoltà economiche “contribuivano” con uno o anche due figli alla vita della chiesa, non si può dire altrettanto oggi; in secondo luogo, l’individualismo diffuso rende difficile scegliere una vita aperta al mondo, al servizio e all’ascolto; e ancora, il modello edonistico imperante, fondato sull’apparenza e sul possesso, difficilmente può ispirare un progetto di vita che implica una scelta di essenzialità e rinuncia; infine, il relativismo e l’incertezza verso il futuro non possono che produrre un’incapacità a compiere una scelta di vita consacrata, senza ripensamenti. A fronte di una rarefazione delle vocazioni, si nota anche un innalzamento dell’età in cui esse maturano: il cammino di fede personale è meno fisiologico ed immediato che nel passato, proprio perché i modelli con cui ci si deve confrontare sono devianti o perché manca un’esperienza di crescita spirituale maturata all’interno della famiglia e della parrocchia. Dunque, il problema va inquadrato anche nell’ottica di un generale impoverimento spirituale della nostra società. Che posto ha Cristo nella nostra vita? Lo sappiamo riconoscere? Quanto la sua proposta riesce a sconvolgerci e coinvolgerci? Fermo restando che non dobbiamo fermarci ai numeri, certo la crisi delle nostre comunità, dei gruppi parrocchiali e delle vocazioni deve fare interrogare anche le comunità e le famiglie sulla propria paternità spirituale, perché sia autentica e prolifica.