Come lievito nella città degli uomini
Per riflettere sull’impegno politico dei cattolici oggi, trovo molto stimolante un pensiero di papa Francesco. Più volte il papa ha incoraggiato i credenti a superare vecchi schemi, ormai del tutto logori ed inadeguati a fare emergere la perenne ed incandescente vitalità del Vangelo. La ricerca di nuove forme vale, credo, non solo per l’evangelizzazione, ma anche per l’impegno politico che deve essere rinnovato, soprattutto quando la società ha bisogno di trovare nuove soluzioni per i nuovi grandi problemi della convivenza umana (basti pensare alle conseguenze sociali del coronavirus). Se non capiamo che anche nell’agire politico non possiamo inseguire più vecchi modelli che in passato hanno avuto aspetti anche molto positivi, ma che oggi sono del tutto improponibili (l’unità politica dei cattolici intorno ad un partito), l’azione dei cattolici in politica sarà sempre più sterile. Che fare allora? Sappiamo che la fede cristiana non si riduce ad una serie di pratiche rituali più o meno frequenti, ma genera una spinta a convertirsi, cambiare mentalità e comportamenti a livello non solo individuale, ma anche sociale e politico. Sappiamo pure che dalla fede non può derivare una politica, tanto meno un programma politico, ma che grazie alla dottrina sociale si può attingere ad una ricca tradizione con la quale poter orientare le proprie scelte. Punti essenziali per la politica come pace, vita, famiglia, scuola, sanità, lavoro, immigrazione, sicurezza, ambiente, Europa, possono essere declinati secondo modalità diverse che, tenendo conto della laicità delle istituzioni, richiedono non solo adesione piena ai principi, ma anche capacità di mediazione e competenze, senza di cui si rischia di precipitare in integrismi dannosi sia per la politica che per la fede. Nell’attuale panorama politico, molto cangiante ed incerto, si può pensare di fare gli osservatori ed aspettare cosa succederà, riducendo l’impegno al momento del voto? Oggi penso che la cosa migliore sarebbe non stare più a guardare, ma provare ad entrare nei processi storici, prendere parte, rischiando anche di sbagliare, per fare politica insomma. Dedicare una parte della propria vita alla militanza politica dentro un partito, fare cioè del volontariato non solo nella società civile, ma anche in politica, per poter aiutare così, politicamente, i più deboli, favorire il ricambio della classe dirigente, contribuire all’approvazione di leggi più adeguate alla vita di oggi. A questo dovrebbero servire i partiti e per questo sono ancora insostituibili per l’esercizio vero della democrazia. I cattolici dovrebbero vedere nei partiti lo strumento ideale per il loro impegno politico, anziché stare sui social a lamentarsi. E’stato questo il percorso di Sturzo, che prima si è impegnato nel sociale e poi ha fondato un partito, il Partito Popolare, proprio per dare compimento all’azione sociale che, senza la dimensione politica, sarebbe rimasta troppo debole. Il PPI non era un partito confessionale, non usava simboli e denominazioni religiose perche non si rivolgeva solo ai cattolici, ma a tutti quelli che condividevano il programma del partito. Con questa scelta Sturzo era consapevole che quei cattolici che guardavano ancora con nostalgia al potere temporale della chiesa sarebbero stati avversari del PPI. Da anni purtroppo i partiti subiscono condanne totali, come se fosse la forma partito la causa dei mali attuali, così al loro posto sono subentrati partiti personali o movimenti che poi, inevitabilmente, quando fanno le liste e candidano qualcuno diventano partiti con i difetti (forse anche di più!) dei partiti tradizionali. Rinnovare i partiti, agire al loro interno, portare avanti idee e proposte nuove, è questa la cosa più urgente da fare per rinnovare la politica e non precipitare nel qualunquismo generale che, per i cattolici, sarebbe un peccato veramente mortale.