Dio ci salva nel naufragio La vicenda di Paolo, naufrago
Tempo d'estate, tempo di mare. Il mare, patrimonio comune all'umanità intera, è lo spazio dove si appaga l'anelito di vita e di libertà dell'uomo ma, come ben sappiamo, è anche causa di morte per bambini, donne e uomini in cerca di vita e di sicurezza per loro stessi e per le loro famiglie. Sappiamo che per l'uomo della Bibbia il mare è la personificazione del male, luogo infido che cela gli abissi abitati dai mostri, simbolo del mondo e della storia umana. San Paolo fu un vero uomo di mare, un instancabile navigatore spinto dalla necessità di annunciare il Vangelo e dalla cura pastorale per le giovani chiese da lui fondate. I suoi viaggi, a partire dal primo compiuto in compagnia di Barnaba (At 13-14), lo vedono attraversare buona parte del Mediterraneo toccando l'Asia Minore, la Grecia, fino a giungere a Roma. Il viaggio di Paolo per mare che meglio conosciamo, avviene nell'autunno del 59. Paolo, arrestato, viene condotto in catene a Roma per essere giudicato da Cesare cui lui si è appellato. Durante il viaggio la nave viene colta da una tempesta e fa naufragio sull'isola di Malta. L'autore degli Atti degli Apostoli, dove è narrato l'accaduto, non ci ha voluto dare solo una notizia di cronaca, ma ne ha fatto soprattutto una lettura teologica: per Luca la storia umana e la storia della salvezza si intersecano e si valorizzano illuminandosi a vicenda, facendo così avanzare il disegno di Dio nella storia dell'uomo, perché in essa sia possibile discernere la sua Presenza di salvezza. Narrando del naufragio di Paolo, l'autore degli Atti ci presenta un vero spaccato di umanità : in tutto vi si contano 276 persone (At 27,37).
Oltre a Paolo e ad Aristarco (un altro cristiano), sono presenti gli uomini dell'equipaggio, gente abile a governare una nave (metafora del faticoso viaggio della vita) m, il centurione Giulio con i soldati, che rappresentano il potere politico-militare, ed altri prigionieri, ovviamente arrestati per motivi diversi da quelli di Paolo, che rappresentano i maledetti di questo mondo, gli scarti dell'umanità che non contano nulla, sui quali il centurione ha potere di vita e di morte. In questo spaccato di umanità vi sono ancora altre persone: gli abitanti di Malta, dove i naufraghi trovano salvezza e accoglienza, con una bontà (in gr. Philantropìa) e una benevolenza non comune, di rara umanità. Anche Paolo (che è simbolo della Chiesa) è coinvolto nel naufragio, prigioniero con i prigionieri, maledetto con i maledetti, scartato con gli scartati, consegnato in catene nelle mani degli uomini come il Signore Gesù. Paolo non dispera mai, ma esorta tutti, proprio quando la fine sembra imminente, a non temere per la vita, ad avere coraggio perché nonostante la nave sia perduta, il Dio di Gesù conserverà tutti in vita. E Dio li salva, e Dio ci salva non dal naufragio, ma nel naufragio, e ci salva tutti insieme, come figli, come fratelli. Ci salva e ci rende immuni dal veleno del serpente (At 28,3-6), ovvero dal male che avvelena le nostre relazioni, come pure ci libera dalla delirante febbre del potere (At 28,8), donandoci il senso vero del servizio generoso e gratuito verso l'altro. E ci spinge nuovamente sulla strada della vita, infondendo in noi la forza e il coraggio, doni del suo Spirito, e ci rimette in cammino verso i fratelli per la costruzione del Regno.