A Parigi “Immaginare la pace”
Una delegazione della Comunità di Sant'Egidio di Barcellona P.G. ha partecipato al 38° incontro internazionale per la pace dal titolo “Immaginare la pace», tenutosi a Parigi, dal 22 al 24 settembre.
Dall’incontro di Parigi è emersa con chiarezza l'urgenza di «immaginare la pace» e di «protestare contro la guerra, dando voce a coloro che soffrono». Cinquantanove guerre e 120 milioni di migranti forzati per conflitti, violenze generalizzate, disastri ambientali: mai un numero così alto dal 1946.
L’incontro di Parigi fa parte di un cammino intrapreso ad Assisi nel 1986 su impulso di San Giovanni Paolo II («La pace è un cantiere sempre aperto che cerca i suoi artigiani») che ha avuto l’intuizione di raccogliere tutte le religioni come sorelle per pregare l'uno accanto all'altro e non più l'uno contro l'altro, e da allora Sant’Egidio ripete quell’appuntamento che riunisce uomini e donne di diverse religioni e culture, ogni anno in città diverse.
L'evento è stato un incontro fraterno, fraterno anche per noi perchè abbiamo incontrato tanti amici che lavorano per la pace.
Ad aprire le giornate dell’incontro è stata tenuta una celebrazione Eucaristica presieduta dall’arcivescovo di Parigi Ulrich Laurent. Siamo stati accolti al palazzo dei congressi dal Capo di Stato Emanuel Macron in una cerimonia iniziale che ha visto la partecipazione dei massimi esponenti dell'ebraismo e dell'islam francese, il Gran rabbino Haim Korsia e il rettore della Grande moschea di Parigi Chems-Eddine Hafiz, e anche Macron ha portato un suo contributo in un tempo delicato come quello che stiamo vivendo in cui può risultare difficile toccare argomenti cosi urgenti davanti ad una pluralità di testimoni di culture diverse. Per esempio: le posizioni sulla crisi di Gaza sono apperse diverse, ma si è visto anche la grande forza del dialogo e si sono ascoltate le parole di speranza dei relatori come quelle del Gran Rabbino Korsia che citando il Salmo 133, ha detto «è bene che i fratelli vivano insieme», ma anche le testimonianze di chi vive in territori di guerra come le parole del vicario del Custode di Terra Santa, padre Ibrahim Faltas: «La carestia, la fame e la sete uccidono ogni giorno. Se non si muore sotto i bombardamenti, si muore perché mancano i farmaci e gli ospedali sono distrutti».
Centinaia di rappresentanti di religioni e culture differenti hanno dialogato nei giorni dell’evento, si sono incontrati per parlare di pace, per immaginare la pace.
I leader religiosi, assieme ai laici e a politici, hanno parlato di tutto ciò che concerne la vita del mondo attuale, dalle guerre alla difesa dell'ambiente, dalla povertà all'intelligenza artificiale. Al centro di tutto, la pace da immaginare, che oggi sembra così sfuggente.
Fin dalla sua nascita Sant'Egidio ha coltivato una speranza realistica e tenace: la pace è sempre possibile, ma occorre trovare i mezzi per realizzarla con pazienza, ricostruendo le fratture, creando un quadro di garanzie per il futuro, dimostrando che non c'è niente di peggio della guerra, dando uno sbocco al desiderio di pace dei popoli che spesso cadono ostaggi della cultura o propaganda bellica.
L’incontro si è chiuso con la cerimonia finale sul sagrato della basilica di Notre-Dame, simbolo di speranza, colpita dal fuoco nel 2019, oggi ricostruita e pronta il prossimo dicembre a riaprirsi alla preghiera con le parole di papa Francesco lette dal nunzio in Francia, monsignor Celestino Migliore, «Smettete la guerra! Stiamo distruggendo il mondo! Fermiamoci finché siamo ancora in tempo!».
Chi in abiti variopinti, chi in tuniche austere, sul sagrato ci sono imam e teologi musulmani sunniti e sciiti, rabbini ebrei, vescovi e pastori delle diverse confessioni cristiane, hindu e monaci buddisti, saggi delle religioni orientali. Con loro anche non credenti, convinti che il confronto con l'altro è arricchente per tutti. «La guerra in nome di Dio è una bestemmia», si legge nell'Appello finale che ciascun leader firma, accendendo una candela e deponendola in un candelabro.
A Parigi ho incontrato la mia cara amica Svieta di Mosca, mi colpiva il suo racconto. Un nostro amico giovane, mentre facevano il giro per portare i panini ai senzatetto, è stato fermato e preso dalla polizia per farlo arruolare, ma prima un povero e poi altri hanno cominciato a implorare, parlando bene di lui, dicendo “è importante per noi” finchè sono riusciti a farlo rilasciare. Aiutare gli altri aiuta noi stessi. La gratuità è la sconfitta della guerra. La pace è vita.
di Vito Raimondo
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