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Al cinema L’opera prima di Fiorello di Gabriele Alberto

“Stranizza d’amuri”, il titolo di una celebre canzone di Franco Battiato è stato ripreso per il primo lungometraggio diretto da Giuseppe Fiorello: un titolo “ad hoc” per questo film, per la tematica e per lo sviluppo delle vicende che ricordano il “Delitto di Giarre”. La vicenda, ambientata nel siracusano, riguarda due ragazzi: Gianni Accordino e Nino Scalia. Da un loro casuale incontro, si accende una scintilla nel primo, un povero ragazzo oppresso dagli insulti e dalle aggressioni dei suoi coetanei solamente perché omosessuale, verso il secondo, proveniente da una classica famiglia siciliana. Quello è stato un incontro che porterà gradualmente i due ad avvicinarsi sostanzialmente per poi arrivare al culmine del loro rapporto, trasformandolo in un rapporto maggiormente intimo e sentimentale. La “classica” reazione della famiglia del secondo, dopo aver compreso il genere di rapporto tra loro, era particolarmente prevedibile in un anno come il 1982, infatti la violenta reazione si verificò dopo che la madre di Gianni avvisò la famiglia di Nino sull’orientamento sessuale del proprio figlio. In particolar modo, il padre di Nino decise di farlo tornare nella “retta-via” facendogli comprendere la disonorevole strada che aveva intrapreso. Tutto vano, soprattutto dopo che si confrontò con un adulto che dimorava presso i terreni della famiglia Scalia, che gli fece comprendere il modo per frequentare Gianni con serenità. Infatti il giovane andò dall’amato e insieme si diressero verso quel loro luogo segreto prima di incontrare la loro morte per una mano ancora ignota. Dal mio punto di vista il film è stato un altro modo per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle discriminazioni verso gli omosessuali che, ancora oggi come quel lontano 1982, la visione degli omosessuali è tale da essere considerata una condizione contraria ed oltraggiosa in una società fondata sulla concezione di coppia esclusivamente tra uomo e donna, oppure viene considerata come una maledizione in cui vengono raffigurate le persone interessate come “impossessate” da questo spirito maligno che comporta l’attrazione verso le persone dello stesso genere così da emarginarle fino ad escluderle. Le piccole critiche, che mi permetto di fare, anzitutto interessano la mancanza di quel luogo, a parer mio, centrale della vita sociale del tempo vale a dire la piazza, infatti l’opera si sviluppa principalmente in una piccola contrada e in luoghi alquanto spaziosi e distanti dalla città ed ulteriormente registro una mescolanza, presumo voluta dal regista, tra i vari dialetti presenti in Sicilia, che si nota nei vari dialoghi tra i personaggi.





di Gabriele Alberto

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